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Le fonti del diritto romano
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Articoli del diritto romano
《罗马法与现代民法》
Diritto romano e diritto civile moderno
法律拉丁语
Lingua latina giuridica

Antun Malenica,

Professore ordinario

Facoltà di Giurisprudenza

Università di Noi Ad

 

 

 

 

 

 

 

PROSPETTIVE DELL'INSEGNAMENTO

DEL DIRITTO ROMANO IN JUGOSLAVIA

      

 

             

 

 

Riassunto: Vi erano due tappe nell'insegnamento del diritto romano in Jugoslavia nel corso del XX secolo, una fino alla rivoluzione socialista ed altra in periodo dopo rivoluzionario. Adesso, all'inizio del XXI secolo l'insegnamento non è soddisfacente, può essere criticato sia dal punto di vista del metodo, cioè dall'insufficiente utilizzo delle fonti romane del diritto, sia dal contenuto. A proposito di questo secondo, l'a. tiene che l'insegnamento nell'avvenire deve comprendere: primamente la storia del diritto romano, poi la dottrina romana del diritto ed infine una scelta dei più importanti concetti ed istituti del diritto pubblico e del diritto privato. Il parere dell'a. è che soltanto cosi arrotondato insegnamento, che include in sé tra altro la dottrina romana del diritto e il diritto pubblico, corrisponde all'educazione universitaria che divrebbe essere conforme alle nuove esigenze socio-politiche e nuove domande nel mondo contemporaneo che si cambia profondamente.

 

 

 

 

  

       1. L'insegnamento del diritto romano nel momento attuale

 

       La posizione del diritto romano nei piani degli studi, il contenuto ed il metodo dell'insegnamento nelle facoltà giuridiche in Jugoslavia d'oggi, in altre parole in Serbia e Montenegro, sono frutti delle circostanze socio politiche che caratterizzavano questo spazio nel corso della seconda metà del XX secolo. Quando si dice nel corso della seconda metà del secolo, volessi affermare che vi erano le differenze notevoli nel modo dell'insegnare il diritto romano durante prima e seconda metà del XX secolo. Eccogli qualche dati che ci fanno chiaro suindicato.

 

Dopo la rivoluzione socialista, la quale si svolge nell'ambito della seconda grande guerra, sono fondate in Jugoslavia nuove università e cosi le facoltà giuridiche. Mentre in Serbia e Montenegro fino l'anno 1940 esisté una università, quella a Belgrado, e perciò solo una facoltà giuridica[1], dopo la guerra, nel periodo socialista, sono fondate le università di Novi Sad (Voivodina), di Nis e Kraguievaz (Serbia centrale), di Pristina (Kosovo) e di Podgorica (Montenegro). A tutte le università menzionate è aggregata una facoltà di giurisprudenza ed in ciascuna di queste s'insegna diritto romano. Nuove facoltà all'inizio non hanno propri docenti di diritto romano. Per questa ragione i corsi sono tenuti coll'aiuto dei professori provenienti da Belgrado, secondo il programma dello studio il quale valse presso la Facoltà di Belgrado. Coll'andar del tempo, alle tutte facoltà menzionate vengono eletti docenti specialisti in diritto romano. Oggi vi sono in Jugoslavia undici docenti specialisti in diritto romano, quattro a Belgrado, due a Novi Sad e Nis, uno a Podgorica, Kragujevac e Pristina.

 

Prendendo in considerazione il fatto che fino alla Seconda guerra mondiale due repubbliche, Serbia e Montenegro, non avevano mai più di due docenti di diritto romano, osserviamo notevole aumento dei docenti nella seconda metà del XX secolo, che fatto è frutto della politica generale del governo socialista del promuovere l'educazione universitaria per benessere del popolo. Menzionato aumento dei docenti apparsi, senza dubbio, molto importante ma fu, pur troppo, l'unica buona cosa che tenga l'insegnamento del diritto romano, se facessi una parallela tra le due metà del secolo scorso o, in altre parole, prima e dopo la rivoluzione socialista. Vediamo adesso qualche dato che afferma suindicato.  

 

       Nel periodo socialista il diritto romano non era classificato tra le discipline più importanti degli studi giuridici. Secondo il parere del ceto al potere, il quale creava ideologia dominante, più importanti erano per es. diritto costituzionale, diritto del lavoro, diritto della proprietà sociale e cosi via. Lo stesso ragionamento condivideva anche un numero dei docenti, di regola quelli che insegnavano materie vicine all'ideologia socialista. Per questa ragione la seconda metà del XX secolo era caratterizzata anche dai periodi in cui doveva battere per la posizione del diritto romano nel piano d'insegnamento. Tuttavia, grazie al fatto che ideologia socialista in Jugoslavia non era cosi pesante come in altri paesi socialisti, gli attacchi al diritto romano per ragione della sua "borghesità" non erano mai cosi forti come in altri paesi socialisti. Esso era riconosciuto come disciplina importante per lo studio di diritto dalla maggioranza dei professori e laureati in giurisprudenza. Due cose di regola venivano rilevate in occasione delle discussioni che tengono il piano dello studio: primamente sua importanza nel quadro della storia del diritto e, secondo, suo valore dogmatico ed introduttivo allo studio del diritto civile positivo. Bisogna qui porre l'accento che dopo 1953 in Jugoslavia erano riconosciute, accanto delle varie forme della proprietà di carattere socialista, anche la proprietà privata e libero mercato. C'era così la continuità nel riconoscimento della nostra disciplina anche nel periodo socialista. La ragione principale di quest'apprezzamento bisogna cercare anzitutto nella tradizione giuridica. Il diritto jugoslavo moderno è costruito sui fondamenti romani. Com'è ben noto, la storia moderna del diritto serbo comincia coll'emanazione del CCS del 1844, il quale era in gran parte breve trascrizione del Codice civile austriaco del 1811. La tappa moderna del diritto montenegrino comincia col Codice generale dei beni del 1888. Entrambi codici godono concetti ed istituti giuridici romani e tutti e due autori dei codici, Iovan Hagich e Valtazar Bogiscich utilizzerò in modo diretto anche Corpus iuris civilis, specialmente libro primo del Digesto.

 

Naturalmente, non era la stessa posizione del diritto romano presso tutte le facoltà jugoslave. Qualche volta il corso era realizzato in un semestre, altra volta in due. Il numero delle lezioni variava da due fino alle quattro ore per settimana, più due ore delle esercizi. La posizione della disciplina proveniva dal prestigio del docente e livello culturale e scientifico degli altri colleghi. La situazione più favorevole era alla facoltà di Novi Sad, quanto dal punto di vista del numero delle ore, tanto del contenuto della disciplina.  S'insegnava nel primo anno, due semestri con tre ore delle lezioni, e il programma comprendeva, accanto della storia e delle istituzioni, anche la dottrina romana del diritto e materie appartenenti al diritto pubblico. Questo ultimo in modo più esteso quando si tratta delle norme di carattere costituzionale nell'età repubblicana e in modo proprio elementare quanto riguarda la materia dei delitti pubblici. Nel quarto anno di studio, sotto il titolo Teorie giuridiche ed istituzioni dell'antichità, l'insegnamento comprendeva i concetti fondamentali del diritto pubblico: populus, civis, imperium, civitas, imperia, poi il pensiero romano che riguarda le forme del governo, il ruolo del diritto nella civitas ecc. La posizione pessima era alla Facoltà di Kraguievaz, dove diritto romano era insegnato come una delle materie di Storia delle istituzioni giuridiche, in pari modo come in Francia nella histoire des institutions.

 

       Il fatto che diritto romano nel periodo socialista non era una delle discipline da favorire aveva per conseguenza che gli assistenti non godevano le borse di studio per l'estero. Sotto questo aspetto la situazione alla fine del XX secolo era meno felice che all'inizio. Fino alla Seconda guerra mondiale i docenti di regola avevano compito gli studi e lavoravano sulle tesi di dottorato presso le facoltà europee molto conosciute, Haidelberg, Berlino, Monaco, Parigi, Zurigo[2], invece dopo la rivoluzione socialista romanisti jugoslavi studiavano nel paese, a Belgrado. Per questa ragione romanisti jugoslavi alla fine del secolo non hanno collaborazione scientifica soddisfacente coi colleghi dagli altri paesi. Detto aveva ripercussioni sulla qualità delle ricerche scientifiche, ai manuali ed insegnamento. Nel corso di questi ultimi dieci anni del XX secolo, a causa della guerra e delle sanzioni internazionali, biblioteche delle facoltà non acquistavano letteratura, il che rendeva impossibile utilizzare i risultati delle nuove ricerche romanistiche, e perciò buon lavoro scientifico. La guerra e le sanzioni hanno anche interrotto l'attività sull'una ricerca scientifica che per la prima volta raccolse romanisti jugoslavi e altrettanto certo numero dei romanisti dall'estero. La ricerca menzionata era iniziata da Centro di studi sul diritto romano della Facoltà di Giurisprudenza di Novi Sad.

 

Motivi ideologici avevano determinato anche la contenenza dell'insegnamento, che era impoverito. Storia del diritto romano e Istituzioni sono esposti nello stesso manuale, non molto esteso. Legame con le fonti del diritto romano, soprattutto con Istituzioni e Digesto non è osservabile. Non si insegna più diritto romano pubblico.[3] Certo allontanamento dalla situazione suindicata nel corso dell'ultimo decennio, osservabile nel programma dello studio della Facoltà di Novi Sad, che include in se anche la problematica del diritto pubblico e libro primo del Digesto fa parte della letteratura obbligatoria, apparsi soltanto come piccola eccezione.

 

Lasciamo adesso il passato e vediamo la situazione nel momento attuale e le prospettive dell'insegnamento in Jugoslavia nel nuovo millennio.

 

 

2. Le prospettive dell'insegnamento al comincio del nuovo millennio

  

Ultimo anno del XX secolo portò gran cambiamento sul campo ideologico. Dopo d'elezioni dell'ottobre 2000 i partiti a governo non sono più i portatori dell'ideologia comunista e del socialismo, invece dichiarano lo sviluppo della società civile ed affermano orientazione verso Europa Unita. Dentro quel nuovo ambiente politico sonno staccati tutti quelli problemi che nostra disciplina aveva avuto a causa dell'ideologia socialista. La posizione del diritto romano nel piano degli studi nell'avvenire non sarà posta in dubbio per i motivi ideologici perché adesso sta fuori della discussione che diritto romano sia il fondamento del diritto europeo. Dunque esso diventa quella disciplina senza di che non si può capire né diritto nazionale né quello nuovo dell'Europa Unita. Primo segno che riflette nuovo ambiente politico si vede nel primo schizzo di nuovo piano degli studi della Facoltà di Novi Sad. In questo piano è prevista, accanto al diritto romano che esiste adesso in due semestri, una nuova disciplina da scegliere, "Diritto romano due", un semestre, tre ore per settimana, la quale disciplina avrebbe avuto le caratteristiche del corso approfondito del diritto privato. Sono ritenute anche suindicate Teorie giuridiche ed istituzioni dell'antichità che coprono una parte del diritto pubblico romano.

 

Non è facile affermare che questa via va seguita dalle tutte facoltà jugoslave. Tuttavia una cosa è certa. Non è tanto importante il numero delle discipline rispettasi al diritto romano, quanto importante sia la qualità e il contenuto dell'insegnamento. Diritto romano avrà la posizione migliore nel piano degli studi se lo insegnano docenti buoni romanisti. Perciò un modo di rendere migliore la qualità dell'insegnamento nei paesi privi della tradizione forte ed interrotta del diritto romano vedo nell'organizzare per i docenti varie specie dei seminari di diversa durata, in Italia oppure in qualche altro paese. A questo proposito merita nostro appoggio l'iniziativa del collega Wolodkiewich da organizzare una scuola in Varsavia. Il problema della lingua evidentemente esiste. Perciò per benessere della nostra disciplina nell'avvenire tengo che sia necessario quanto prima scegliere una lingua comune. A mio parere, tenendo conto dell'importanza della romanistica italiana in questo momento, e credendo che sarà la più importante anche nell'avvenire, bisognerebbe scegliere la lingua italiana. Detto sottintende che i romanisti nei propri paesi debbano promuovere lingua italiana. Questo potrebbe essere una delle raccomandazioni dai nostri convegni e campo d'attività dei centri di studio sul diritto romano.

 

Permettetemi illustri colleghi qualche punti che spettano la materia dell'insegnamento. La domanda delle tutte domande dell'insegnamento in Jugoslavia all'inizio del XXI secolo, a mio avviso, sia quella che riguarda la contenenza dell'insegnamento. Volevo chiarire questa constatazione ed a questo proposito ho scelto argomenti che stano fuori della problematica del diritto privato. Vale a dire sono sicuro che quello sarà elaborato in modo ottimo da parte degli illustri colleghi.

 

A mio parere un buon corso del diritto romano deve presentare primamente la storia del diritto romano, dai suoi inizi fino a Giustiniano. Presentare la storia del diritto romano significhi, a mio parere, spiegare il sorgere delle varie fonti del diritto e chiarire le caratteristiche del diritto nelle diverse tappe dello sviluppo. Chiarire la storia del diritto romano, infatti, sottintende il descrivere dei vari fatti i quali avevano determinato lo sviluppo del diritto, vale a dire la religione dei Romani, struttura sociale, economia, organizzazione del potere, la politica ecc. Volevo illustrare cosa ho pensato quando ho detto "vari fati i quali avevano determinato lo sviluppo" e, perciò, eccolo un esempio che illustri la necessità dell'esporre la storia del diritto romano nella tutta sua totalità sociale.

 

Nell'analisi che riguarda la giurisprudenza romana, la quale fu il più creativo e perciò il più significativo elemento nella tutta esperienza romana, si deve primamente chiarire la nascita ed il modo di operare dei giurisprudenti romani. Detto sottintende l'analisi che riguarda ordinamento consuetudinario religioso-giuridico ed attività dei pontifices. In altre parole si tratti dell'analisi che rifiuta quelli posizioni dottrinali che separano il diritto dalla religione in Roma antica.[4] Poi, si deve spiegare da dove proviene l'autorità e forza dei pareri dei giurisprudenti. Questo sottintende l'analisi degli strati sociali nella civitas romana, perché l'autorità e forza dei responsa proviene dall'appartenenza degli juris periti all più elevato e potente ceto sociale, all'aristocrazia. Poi, non c'è dubbio, che deve chiarire le cause della fine della creazione del diritto da parte degli iuris prudentes e la trasformazione della loro attività in avvocatura. Detto proviene dalla nova organizzazione del potere e delle circostanze culturali nell'Oriente. Dunque, da questo punto di vista l'analisi dell'organizzazione del potere apparsi inevitabile. Varie cose, quindi, avevano determinato uno stesso fenomeno "la giurisprudenza" e perciò debbano essere analizzate se nostro scopo centra all'offrire agli studenti una vera comprensione storica che riguarda questo segmento dell'esperienza romana del diritto.

 

Tengo poi che debba dedicare una parte dell'insegnamento alla seconda storia del diritto romano, cioè alla storia nel medioevo ed epoca moderna, naturalmente con particolare riferimento al paese in cui l'insegnamento si sta svolgendo.

 

       Nella seconda parte dell'insegnamento bisogna chiarire il pensiero romano, la dottrina romana del diritto. Dovrebbe chiarire la comprensione religiosa giuridica dei Romani nell'età arcaica, poi quello che fu la loro dottrina e la filosofia del diritto nella tappa del diritto sviluppato e, in fine, la loro comprensione postclassica. è necessario qua esplicare il ruolo, lo scopo e il valore del diritto nella comunanza dei cittadini. Poi, deve esporre la dottrina giuridica che riguarda le divisioni del diritto e delle fonti, il modo nel quale i giurisprudenti romani interpretano le regole giuridiche e cosi via. Appare veramente fondamentale chiarire qualche argomenti appartenenti a questa materia. Per esempio, quando il giurista afferma che il diritto è ars boni et aequi, in altre parole quando rileva che concetto "il diritto" sottintende soltanto quello che si rende conforme all'interesse della comunanza dei cittadini e nello stesso tempo al cittadino visto come individuale, il giurista ci fa sapere non soltanto propria comprensione del fenomeno "diritto", ma ci rende possibile capire altrettanto perché lo ius publicum e lo ius privatum nel pensiero romano esprimono soltanto due positiones di studio del diritto, quindi non due campi opposti del diritto. D'altro lato, quando il giurista afferma che il diritto sia ars, la scienza, l'arte, esplica in sostanza importantissimo fatto che il sistema romano del diritto è prima di tutto un sistema aperto, il sistema del diritto giurisprudenziale.

 

A mio avviso l'insegnamento che non comprende in se la dottrina romana del diritto, non chiarisce agli studenti cosa è la vera natura dell'esperienza romana del diritto. L'insegnamento attuale in Jugoslavia di regola non comprende la dottrina romana. Vengono elaborati soltanto gli istituti del diritto privato e perciò gli studenti non osservano la differenza maggiore fra nostro sistema moderno ed il sistema romano del diritto, cioè non osservano la differenza tra un sistema chiuso in che governa l'idea del diritto positivo che abbia suoi fondamenti nella legge, in cui il giurista si riduce al pure interprete, ed il sistema romano il quale era per lungo un sistema aperto in cui i giuristi erano elaboratori e creatori del sistema di diritto vigente al di là delle leggi.[5]

 

L'esplicazione approfondita che riguarda la natura dell'esperienza giuridica romana apparsi come parte necessaria dell'insegnamento del diritto romano in Jugoslavia anche per ragione dell'insufficiente numero delle ore dedicate alla nostra disciplina. In due semestri, con tre ore per settimana, s'insegnano davvero due discipline, Storia e Istituzioni del diritto romano. Ricca casistica perciò sta fuori dell'analisi, penso naturalmente all'analisi che riguarda gli istituti di diritto privato. A mio parere il numero delle ore non sarà esteso anche nell'avvenire per ragione dell'evidente "imperialismo" delle discipline del diritto positivo, provenuto dalla progressiva complessità dei rapporti sociali odierni e perciò dalla crescente complessità della regolamentazione giuridica. Il escludere la casistica nel corso di diritto romano sarà dunque inevitabile anche nell'avvenire. La conseguenza che proviene da detto debole modo dell'insegnare è questa: non si osserva lo ius controversium nel campo del diritto privato. Vale a dire qualsiasi allontanamento della casistica, è ben noto, va necessariamente verso generalizzazioni, definizioni e schematismo, il che nasconde la natura specifica del diritto romano. Perciò la maggior parte dei nostri studenti non osserva, per esempio, la differenza tra qualche contratto secondo nostra Legge delle obbligazioni e quello ius che ordinò lo stesso contratto nel diritto romano. Al prima vista menzionato sembra il complimento per il diritto romano, qualcosa che afferma suo valore universale, ma qui in sostanza sorge alla superficie evidentissimo problema metodologico nell'interpretare la storia del diritto. Dall'altro lato, con il equiparare il diritto moderno ed il diritto romano si chiude la porta ai concetti giuridici romani nel processo del creare il diritto moderno, specialmente quel nuovo europeo. In altre parole volevo affermare che nel qualsiasi progetto dell'insegnamento, accanto del carattere storico della nostra disciplina, dovrebbe sempre tenere conto che il diritto romano sia anche il punto della partenza nel valutare il diritto moderno, cioè che esso sia la fonte eterna dei concetti giuridici.  

 

Quando si sta analizzando l'insegnamento attuale in Jugoslavia, si vede anche un'altra caratteristica importante: l'assenza del diritto pubblico romano. Esso è buttato via il che, a mio avviso, non ha niente comune con metodo scientifico. L'esegesi la quale si sta muovendo soltanto dentro i concetti di diritto civile, anche se sia d'ottima qualità, non compensa l'assenza delle elaborazioni nel campo del diritto pubblico. Qualche concetti di diritto pubblico, per esempio: civis, populus, civitas, imperium, non possono essere tralasciati in qualsiasi insegnamento del diritto romano. Eccoli due brevi esempi i quali affermano suindicato. L'idea dei Romani che il diritto sia l'arte, la scienza nel trovare la soluzione buona e giusta per caso concreto, ius est ars boni et aequi, ha senso se s'intende che la civitas sia la comunanza dei cittadini equiparati nei diritti, dei cittadini uniti nella comunanza alla base del diritto. Comunanza dei cittadini è sempre, come rileva Cicerone, civitas iuris. Detto significa che i cittadini accettino il diritto come la base di loro organizzazione politica soltanto nel caso che esso sia buono per tutta la comunanza e che sia giusto per ciascuno di loro. Dunque, l'idea che riguarda l'essenza del diritto, esposta da Celso, scaturisce direttamente dal concetto di civitas, il quale concetto appartiene al diritto pubblico. Oppure, se non s'intende che il concetto di civitas non corrisponde al concetto moderno di stato, cioè che la civitas non sia il portatore della sovranità, invece i portatori siano i cittadini, non si osserva bene, per esempio, da dove proviene il fatto che il cittadino sia giudice, oppure che il giurisprudente sia il soggetto che crea il diritto. Aggiungiamo soltanto uno fatto che spetta il diritto privato. Il concetto di proprietà si osserva in sua totalità soltanto se prendessi in considerazione suo aspetto pubblico. 

 

Escludere dal nostro insegnamento il diritto pubblico nell'epoca in che nasce ai nostri occhi nuova Europa Unita mi sembra assolutamente inaccettabile. Europa Unita evidentemente non è lo stato ed evidentemente nega la sovranità degli stati membri. Quale concetto giuridico troviamo in gioco quando si tratta d'Europa d'oggi e dell'avvenire? A mio parere Europa Unita, senza dubbio, si sta sviluppando verso la comunanza dei cittadini ed i cittadini sono uniti alla base di diritto. Il rifiuto della sovranità degli stati apparsi oggi sempre più chiaro e al primo piano poco a poco viene la tutela dei diritti dell'uomo, che costituisce obiettivo fondamentale del nuovo ordinamento giuridico. Direi che su questo punto della spirale del progresso umano, la sovranità, imperium, si torna li dove aveva avuto suo posto tanti secoli fa, nel corso della civiltà romana, si torna al cittadino. Su questo punto nasce necessità del valorizzare i concetti giuridici romani che spettano il rapporto civitas - civis.

 

Volevo aggiungere un'altra cosa. Nell'Europa Unita, e perciò anche centralizzata, a mio avviso sarà posta la domanda di decentramento e di democrazia diretta. La complessità della vita moderna, nuova posizione del cittadino e nuova qualità della cittadinanza promuoveranno senza dubbio questa problematica. Perciò sarà discussa nel corso del XXI secolo anche la posizione delle città, in che campo i concetti romani di diritto pubblico esprimono l'esperienza romana plurisecolare. Nostro insegnamento nell'avvenire dovrà prendere in considerazione il fatto menzionato.

 

Dunque, quando si tratta delle prospettive dell'insegnamento nel XXI secolo, mio parere è questo: esso dovrebbe essere conforme alle nuove esigenze socio-politiche e giuridiche del mondo contemporaneo. XXI secolo sarà il secolo che caratterizzano nuove domande e nuovi obiettivi nel campo del diritto. Perciò qualche volta sarà necessario trovare nuove posizioni dottrinali ed uno dei punti di riferimento nelle elaborazioni giuridiche moderne dovrebbe essere, senza dubbio, anche importantissima esperienza romana, la quale aveva utilizzato non soltanto tantissimi concetti appartenenti al diritto privato, che fatto è ben noto riconosciuto dalla dottrina moderna, ma altrettanto quelli di diritto pubblico. Intorno a questi secondi qualche, per es. i concetti di civitas, civis e cittadinanza, oggi sono interessantissimi e di gran attualità, perché stano al di la del concetto "lo stato" e possono essere utilizzati nelle elaborazioni che tengano la natura giuridica dell'Europa Unita e del cittadino nel nuovo ambiente europeo.

 

Permettetemi in fine una osservazione conclusiva in che volevo citare maestro Flaminio Mancaleoni, in cui onore è dedicato nostro convegno. Al cavallo dei millenni nostro mondo si trasforma profondamente e si apre una nuova tappa per tutta l'umanità. Tutto è sottomesso al riesame, incluso educazione universitaria e nostro piano di studio. Questo processo è inevitabile perché si svolge nell'ambito e come risultato dei profondi cambiamenti nel campo del diritto. Inevitabili sono anche i partigiani e promotori dei cambiamenti rivoluzionari nell'educazione universitaria. A proposito dobbiamo essere attenti perché nostro insegnamento determina il profilo dei legislatori e creatori del diritto dell'avvenire. In questo momento non dobbiamo dimenticare le parole d'avvertimento di maestro Mancaleoni. Le parole sono pronunciate dopo Prima guerra mondiale, quindi nell'epoca che fu caratterizzata dai profondi cambiamenti sociali, come questa nostra:

 

"...e sembra a moltissimi che il presente sia esso stesso inizio di cose nuove senza precedenti e non continuazione di cose vecchie che si rinnovano e che devono rinnovarsi secondo le leggi delle trasformazioni storiche."[6]

 

Dobbiamo, senza dubbio, particolarmente apprezzare avvertimento del gran maestro, perché egli era non soltanto storico e docente di diritto romano, ma altrettanto uomo di altissima cultura e d'esperienza politica. Dobbiamo essere consapevoli, come egli fu, che sia molto complessa e sotile l'evoluzione del diritto[7] e che sia, perciò, molto difficile e molto complesso insegnare la storia del diritto.  



[1] Oltre a ciò vi era seconda facoltà giuridica appartenente all'Università di Belgrado, quella a Subotiza (Voivodina), ma per breve. Fu fondata nell'anno 1920 e per ragione di guerra fu chiusa nel 1941.  

[2] La statistica mostra che tra le due guerre mondiali circa 60% dei professori di diritto romano hanno ottenuto laureato presso università estera e 70% dottorato scientifico. Secondo: Z. Bujuklic, Lo studio del diritto romano alla Facoltà di Giurisprudenza di Belgrado dalla sua fondazione al momento attuale, Comunicazione per il VII Colloquio dei romanisti dell'Europa centro-orientale e d'Italia, Roma, 3-5 dicembre 1998.

[3] Alla fine del XIX secolo il professor Z. Milosavljevich ha pubblicato due manuali: Rimsko javno pravo (Diritto romano pubblico), Belgrado 1897 e Rimsko privatno pravo (Diritto romano privato), Belgrado 1899. Lo stesso autore ha pubblicato la traduzione dell'opera di Wilems, Diritto pubblico romano ossia istituzioni politiche romane dalle origini di Roma fino a Giustiniano, Belgrado 1898. 

[4] Su posizioni dottrinali che vanno verso la separazione tra diritto ‘divino’ e diritto ‘umano’ ("Isolierung") vedi recentemente pubblicato libro di F. Sini, Sua cuique civitati religio, Religione e diritto pubblico in Roma antica, G. Giappichelli ed., Torino 2001, pp. 36-43.

[5] Su questo carattere aperto del diritto romano vedi: M. Talamanca, Diritto e Prassi nel mondo antico, in Règle et pratique du droit dans les réalités juridiques de l'antiquité, Atti della 51a Sessione della SIHDA, Rubbettino 1999. Mi sembra opportuno citare qui un breve passo: "Non è certo un'affermazione nuova che, all'epoca qui considerata (epoca classica - A. M.), l'esperienza giuridica romana si presentava come un diritto giurisprudenziale in senso ampio, categoria caratterizzata dal fatto che i soggetti - giudici o giuristi che siano - chiamati ad applicare il diritto, non si limitano ad un'applicazione più o meno meccanica di norme ricavate da fonti eternormative, ma possono, se occorre, crearlo nel momento in cui lo applicano: si tratta, cioè, di sistemi aperti, dove - a differenza di quanto avviene nei sistemi chiusi - non v'è una rigida distinzione fra l'organo che crea e quello che applica il diritto.", Op. cit., p.137.

[6] F. Mancaleoni, L'evoluzione regressiva negli istituti giuridici (Prolusione al corso di Istituzioni di Diritto Romano nella R. Università di Napoli, letta il 5 febbraio 1920), Studi Sassaresi, Sassari 1921, p. 2.

[7] Detto ci mostra in modo molto chiaro questo passo in che Mancaleoni parla del fenomeno regressivo delle istituzioni giuridiche: "Il fenomeno regressivo delle istituzioni giuridiche si presenta pertanto, non soltanto quando le colpisce nella loro interezza annientandole, ma anche quando colpisce un carattere, un elemento di esse, transformandone l'essenza e transformandone lo scopo; e parimenti l'evoluzione regressiva può e deve studiarsi in quei casi, nei quali essa colpisce non un solo organo, non una sola istituzione cioè, ma una serie, una categoria di istituzioni, soggette contemporaneamente, ad azione sociale di esaurimento: e si può arrivare ad indagare quei casi, nei quali, per una larga degenerazione, tutta un'organizzazione sociale si disfa per aprire una nuova via di evoluzione, se non dalle origini, da nuovi elementi che trovano in sé stessi e nelle nuove condizioni ragione e forza di espansione evolutiva.", pp. 6-7.


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