LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO CIVILE NEGLI
STATI ITALIANI PREUNITARI ED IL CODICE CIVILE
ITALIANO DEL 1865.
Aldo Petrucci
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SOMMARIO: 1. L'introduzione del Codice civile
francese negli Stati italiani durante l'et¨¢
di Napoleone e la situazione dopo la fine
dell'Impero francese. 2. Le codificazioni
del Regno delle Due Sicilie, del Ducato di
Parma e Piacenza, del Regno di Sardegna,
e del Ducato di Modena e Reggio Emilia. 3.
L'influenza del Codice civile francese su
queste codificazioni e le loro proprie caratteristiche.
4.La situazione nel Regno Lombardo Veneto,
nel Granducato di Toscana e nello Stato Pontificio.
5. L'eredit¨¢ di queste codificazioni nel
Codice civile italiano del 1865.
1. L'introduzione del Codice civile francese
negli Stati italiani durante l'et¨¢ di Napoleone
e la situazione dopo la fine dell'Impero
francese. Il Codice civile francese, promulgato con
legge del 21 marzo 1804, fu immediatamente
vigente in quelle parti del territorio italiano
gi¨¢ annesse alla Francia (Piemonte e Repubblica
di Genova), per poi essere esteso tra il
1805 ed il 1810 ai rimanenti Stati italiani,
direttamente o indirettamente sotto il controllo
francese. Le uniche regioni dove esso non
fu introdotto furono le isole di Sardegna
(sotto la monarchia dei Savoia) e di Sicilia
(sotto la monarchia dei Borboni) e la Repubblica
di San Marino, la cui libert¨¢ era stata
rispettata anche da Napoleone.
La generale ed integrale estensione in Italia
del Codice civile (nella sua traduzione italiana)
fu fermamente voluta dall'Imperatore ed imposta
contro qualsiasi tentativo di codificazione
autonoma , perch¨¦ rispondeva ad un disegno
politico ben preciso: quello di unificare
i diversi Stati italiani fino ad allora esistenti
mediante l'unificazione legislativa, al fine
di promuovere il rinnovamento della vita
sociale, economica e civile delle popolazioni
italiane[1].
Con la fine dell'epoca napoleonica (1814
-1815) il Codice civile ¨¦ formalmente abrogato
in tutti gli Stati italiani restaurati dal
Congresso di Vienna, ad eccezione del principato
di Lucca nel quale, per motivi storici particolari,
rest¨® "provvisoriamente" in vigore
fino al Codice civile italiano del 1865,
con la sola abrogazione delle norme sugli
atti dello stato civile, sul divorzio, sul
matrimonio dei figli di famiglia e dei minorenni.
Ma, nonostante fosse stato vigente per pochi
anni soltanto, il Codice napoleonico esercit¨®
un'influenza molto profonda sui Codici civili
degli Stati italiani della prima met¨¢ del
XIX secolo, sul Codice civile italiano del
1865 e su gran parte del Codice civile italiano
del 1942. Le ragioni di questa influenza
sono normalmente individuate nella felice
sintesi, da esso realizzata, tra principi
di libert¨¢ ed uguaglianza tra cittadini,
provenienti dalla Rivoluzione Francese, e
tradizione giuridica europea, fondata anche
in Francia sul sistema del diritto romano
comune[2]. Proprio per questo infatti molti degli
Stati italiani restaurati si resero conto
che era inevitabile la redazione di un Codice
civile e non si poteva ritornare al sistema
delle fonti del diritto romano comune non
codificato.
A questo punto, prima di esaminare le diverse
esperienze giuridiche di ogni Stato italiano,
¨¦ necessario brevemente ricordare quali
essi fossero e come si presentava politicamente
l'Italia subito dopo il Congresso di Vienna.
Nel Nord esisteva il Regno di Sardegna, che
comprendeva le attuali regioni nordoccidentali
italiane, la Sardegna e le regioni (attualmente
francesi) della Savoia e di Nizza, ed il
Regno Lombardo Veneto, formato da Lombardia
e Veneto, che era una parte dell'Impero di
Austria. Nell'Italia centrale furono restaurati
il Ducato di Parma e Piacenza, comprensivo
di queste due citt¨¢ e del loro territorio,
il Ducato di Modena e Reggio Emilia, comprensivo
di queste due citt¨¢ e del loro territorio,
il Principato di Lucca, formato da questa
citt¨¢ e dal suo territorio, il Granducato
di Toscana, che includeva quasi tutta l'attuale
regione omonima, e lo Stato Pontificio, formato
dalla Romagna (con la citt¨¢ di Bologna),
Marche, Umbria e Lazio. Infine nell'Italia
meridionale fu restaurato il Regno delle
Due Sicilie, comprensivo di tutte le regioni
meridionali della penisola italiana e della
Sicilia.
2. La codificazione del Regno delle Due Sicilie,
del Ducato di Parma e Piacenza, del Regno
di Sardegna e del Ducato di Modena e Reggio
Emilia. Il primo degli Stati italiani restaurati
dal Congresso di Vienna ad adottare un Codice
civile ¨¦ il Regno di Napoli e di Sicilia,
che aveva assunto il nuovo nome di Regno
delle Due Sicilie per indicare il suo carattere
di Stato unitario. Il re Ferdinando I di
Borbone, nonostante il Trattato di alleanza
con l'Impero austriaco in base al quale avrebbe
dovuto abrogare tutte le istituzioni di derivazione
francese, in un primo tempo, con un editto
del 1815, lasci¨® provvisoriamente in vigore
tutte le diverse parti del Codice francese,
ad eccezione di quelle relative al matrimonio
e al divorzio, e poi nel 1819 promulg¨® un
proprio Codice civile, composto da tre libri
e 2187 articoli, che con pochi emendamenti
ricalca il modello francese tanto nella impostazione
sistematica quanto nel contenuto normativo[3].
L'anno seguente, il 1820, ¨¦ la volta del
Ducato di Parma e Piacenza ad avere un Codice
civile, emanato dalla Granduchessa Maria
Luisa, figlia dell'imperatore di Austria
ed ex moglie di Napoleone. Questo Codice,
formato anch'esso da tre libri, ma da 2376
articoli, come vedremo, presenta una maggiore
autonomia dal Codice napoleonico rispetto
al Codice delle Due Sicilie, e soprattutto
adotta un linguaggio pi¨² preciso e pi¨²
tecnico molto apprezzato ai suoi tempi[4].
Il terzo in ordine di tempo ad essere approvato
¨¦ stato il Codice civile del Regno di Sardegna,
conosciuto anche con il nome di Codice albertino,
in quanto ¨¦ promugato dal re Carlo Alberto
nel 1837. Infatti in questo Regno in un primo
momento si rifiuta ogni idea di codificazione
civile con un completo ritorno alla situazione
legislativa anteriore alla Rivoluzione Francese
e solo con l'ascesa al trono di Carlo Alberto
nel 1832 si nomina una commissione di giuristi
per la preparazione di un Codice civile,
che alla fine dopo sei anni di lavori, tra
cui anche lo studio dei Codici francese,
austriaco, olandese, delle Due Sicilie e
di Parma, porta alla redazione del testo
definitivo poi promulgato. Anche questo Codice,
in tre libri e con 2415 articoli, si ispira
largamente a quello napoleonico, ma con alcuni
miglioramenti in quelle norme riconosciute
difettose dall'esperienza o perfezionate
dai progressi della scienza giuridica. La
sua entrata in vigore non avvenne contemporaneamente
in tutto il Regno: infatti in Sardegna, le
cui condizioni di vita erano molto arretrate,
fu introdotto con grandi difficolt¨¢ solo
dopo undici anni, nel 1848[5].
Ultimo dei quattro ¨¦ il Codice civile del
Ducato di Modena e Reggio Emilia, la cui
Commissione preparatoria comincia i lavori
nel 1849 per ordine del duca Francesco V,
tenendo soprattutto conto del Codice vigente
nel confinante Ducato di Parma e Piacenza.
Il progetto viene redatto in due anni e nel
1852 ¨¦ promulgato il Codice civile, che
si compone di quattro libri e 2580 articoli.
I primi tre libri contengono materie di diritto
civile in senso stretto, mentre il quarto,
dal titolo "Disposizioni sul commercio",
racchiude sette titoli su: commercianti,
libri di commercio, societ¨¢, commissionari,
spedizionieri, lettere di cambio, biglietti
all'ordine e prescrizione delle azioni cambiarie[6].
3. L'influenza del Codice civile francese
su queste codificazioni e le loro proprie
caratteristiche. Affrontiamo ora il problema del rapporto
tra i Codici civili degli Stati italiani
preunitari ed il Codice napoleonico, per
vedere quanto essi prendano del suo contenuto
e quanto invece siano originali[7]. Cominciamo con il confronto del sistema.
La divisione del Codice napoleonico in tre
libri (I. Delle persone, II. Dei beni e delle
differenti modificazioni della propriet¨¢,
III: Dei differenti modi coi quali si acquista
la propriet¨¢) ¨¦ ripetuta da tutti e quattro
i Codici, che cos¨ª accettano la tricotomia
delle Istituzioni di Gaio e Giustiniano (de personis, de rebus, de actionibus) attualizzata in rapporto alla prospettiva
non pi¨² processuale, ma sostanziale del
diritto privato ed alla moderna concezione
dei diritti soggettivi.
Per quanto riguarda la distribuzione delle
materie nei tre libri, ricordiamo che il
Codice francese prevedeva nel primo le persone,
il matrimonio e la famiglia, nel secondo
i beni, la propriet¨¢ e gli altri diritti
reali, e nel terzo le successioni, la donazione,
le obbligazioni, i contratti, le garanzie
reali e personali delle obbligazioni,la prescrzione
ed il possesso ad usucapionem. Tale distribuzione ¨¦ seguita senza mutamenti
dal Codice delle Due Sicilie con la sola
aggiunta nel libro terzo, tra i contratti,
dell'enfiteusi, e dal Codice del Regno di
Sardegna, che si limita a riunire le disposizioni
sulle successioni testamentarie con quelle
sulle successioni legittime, separandole
dalle donazioni, e nella sostanza anche dai
Codici di Parma e Modena, dove nel libro
secondo si introduce l'enfiteusi insieme
agli altri diritti reali e si trasferiscono
al terzo libro i modi di acquisto della propriet¨¢
a titolo originario (occupazione ed accessione).
Passando ora alla disciplina giuridica delle
singole figure, rileviamo che tutti e quattro
i Codici italiani seguono il modello napoleonico
nel premettere al libro primo un titolo preliminare
con le disposizioni sulla pubblicazione,
gli effetti e l'applicazione delle leggi
in generale. I settori dove si verificano
maggiori divergenze tra le codificazioni
italiane e la francese riguardano il diritto
delle persone, della famiglia, dei rapporti
patrimoniali tra i coniugi e delle successioni
ereditarie. Vediamo quali sono le principali.
In tema di stato delle persone, contrariamente
al Codice napoleonico secondo il quale tutti
i cittadini godono allo stesso modo dei diritti
civili e politici, il Codice del Regno di
Sardegna e quello di Modena prevedono limitazioni
per non cattolici ed ebrei, i cui diritti
sono regolati da leggi speciali. Questa discriminazione
¨¦ eliminata nel Codice sardo con la riforma
costituzionale del 1848. In tema di matrimonio,
tutti e quattro i Codici italiani aboliscono
il matrimonio civile regolato nel Codice
francese, reintroducendo il matrimonio canonico
al quale riconoscono effetti civili. Alle
norme del diritto canonico quindi si richiama
tutta la disciplina sugli impedimenti matrimoniali,
la capacit¨¢, l'annullamento e cos¨ª via.
Sono invece nella sostanza recepite, anche
se in forma meno rigorosa, le disposizioni
francesi sulla necessit¨¢ del consenso dei
genitori o dei nonni per il matrimonio dei
figli e delle figlie fino all'et¨¢ rispettivamente
di venticinque e ventuno anni compiuti.
In materia di rapporti matrimoniali tra coniugi,
i quattro Codici italiani si distaccano nettamente
dal modello francese. Mentre infatti quest'ultimo,
sulla base degli usi di origine germanica,
prevedeva come regime legale e normale la
comunione generale dei beni mobili e degli
acquisti, anche immobiliari, tra i coniugi,
ammettendo solo in via convenzionale la possibilit¨¢
di scegliere il diverso regime della separazione
dei beni e della costituzione della dote,
i Codici italiani, pur con alcune differenze
tra essi, adottano la soluzione esattamente
opposta. Il regime normale da essi previsto
¨¦ quello della separazione dei patrimoni
e della dote portata dalla sposa, e a tale
regime i coniugi potevano derogare solo mediante
apposite convenzioni matrimoniali; pertanto
la comunione dei beni poteva solo essere
effetto di uno specifico accordo.
Circa le successioni ereditarie, il Codice
napoleonico rivela una chiara preferenza
per la successione intestata come regime
normale rispetto a quella testamentaria,
che vale solo per la porzione di patrimonio
disponibile. Nella successione intestata
poi i figli legittimi succedono in uguali
porzioni, senza distinzioni di sesso o di
primogenitura; in assenza di discendenti
la eredit¨¢ si divideva in due parti uguali
a favore degli ascendenti e dei parenti collaterali
sia della linea paterna che della linea materna,
e in ciascuna met¨¢ succedevano gli eredi
di grado pi¨² vicino; ed infine il coniuge
superstite non aveva alcun diritto sui beni
del coniuge defunto in concorso con i parenti,
anche collaterali, fino al dodicesimo grado,
spiegandosi una tale disposizione con il
regime di comunione legale dei beni dei coniugi.
I quattro Codici italiani, pur con alcune
diversit¨¢ tra essi, pongono in primo piano
la successione testamentaria come regime
normale, dichiarando che, solo quando manca
il testamento, subentrano le disposizioni
della legge. Circa la successione legittima,
essi inoltre respingono il sistema della
divisione del patrimonio ereditario in due
parti in favore della linea paterna e di
quella materna, ed adottano invece quello
del diritto romano comune ispirato alle Novelle
118 e 124 di Giustiniano, in base al quale
erano chiamati all'eredit¨¢, nell'ordine,
i figli e discendenti, gli ascendenti, i
fratelli e le sorelle, e gli altri parenti
collaterali. Ed infine riguardo al coniuge
superstite, il Codice delle Due Sicilie ed
il Codice albertino gli attribuiscono sempre
la quarta parte dell'eredit¨¢ (quarta uxoria del diritto giustinianeo), il Codice di
Parma l'usufrutto sulla quarta parte dell'eredit¨¢,
mentre il Codice di Modena solo un diritto
congruo agli alimenti.
Con riferimento alle altre materie, il secondo
libro del Codice Napoleone, con i suoi quattro
titoli dedicati alla distinzione e classificazione
dei beni, alla propriet¨¢, all'usufrutto,
uso, abitazione e alle servit¨² prediali,
¨¦ riprodotto interamente da Codici italiani
sia nella partizione sistematica sia nella
disciplina normativa, con pochissime variazioni
(ad es., il Codice di Modena sposta al terzo
libro i modi di acquisto della propriet¨¢
a titolo originario dell'occupazione ed accessione).
La ragione di ci¨® non ¨¦ una pedissequa
imitazione del modello francese, ma la recezione
da parte di quest'ultimo delle norme del
diritto romano comune rispondeva in pieno
alla tradizione giuridica italiana ed alle
sue esigenze.
Tra le poche diversit¨¢ dei Codici italiani,
vanno ricordate:
a) la novit¨¢ introdotta dall'art. 440 del Codice
albertino, in base al quale "le produzioni
dell'ingegno umano sono propriet¨¢ dei loro
autori" con osservanza delle leggi e
dei regolamenti relativi. Con questa disposizione
infatti era colmata una grave lacuna del
Codice francese ed erano superati i dubbi
della dottrina e giurisprudenza francesi
sulle possibilit¨¢ di tutela della propriet¨¢
intellettuale.
b) La conservazione dell'istituto dell'enfiteusi.
Contrariamente al Codice francese, che con
l'abolizione dei vincoli feudali lo aveva
eliminato, i Codici delle Due Sicilie, di
Parma e di Modena la prevedono e disciplinano,
in quanto era un diritto reale di lunga tradizione
in molte regioni italiane e rispondeva bene
alle loro necessit¨¢ agricole.
c) Una normativa dettagliata sul regime giuridico
delle acque private e pubbliche, che il Codice
albertino, ispirandosi al principio della
natura pubblica di tutti i fiumi e torrenti,
introduce innovando sul punto le poche disposizioni
generali contenute nel Codice francese.
d) La previsione, assente nel Codice napoleonico,
nel titolo "Della propriet¨¢" di
alcuni articoli relativi alle azioni a difesa
della propriet¨¢ e del possesso.
Tutta l'ampia parte, dedicata nel terzo libro
del Codice francese, alle obbligazioni e
contratti ¨¦, come ¨¦ noto, frutto di una
recezione pressoch¨¦ integrale dei principi
del diritto romano comune, che erano sempre
stati applicati nella precedente tradizione
giuridica francese. Ci¨® spiega perch¨¦ i
Codici italiani, anche in questo caso, seguono
il modello francese, accogliendone sia il
sistema sia le disposizioni, con maggiore
fedelt¨¢ il Codice delle Due Sicilie ed il
Codice albertino, con qualche variazione
il Codice di Parma e quello di Modena. Tra
le poche diversit¨¢ si possono segnalare
una pi¨² attenta regolamentazione giuridica
dei contratti di affitto dei fondi rustici,
e l'introduzione da parte del Codice di Modena
dell'istituto della trascrizione, assente
nel Codice francese e negli altri Codici
italiani, che imponeva l'obbligo di rendere
pubblici, attraverso appositi registri, tutti
gli atti tra vivi a titolo gratuito o oneroso,
traslativi o dichiarativi della propriet¨¢
o di altri diritti reali su beni immobili,
come condizione della loro efficacia riguardo
ai terzi.
4.La situazione nel Regno Lombardo Veneto,
nel Granducato di Toscana e nello Stato Pontificio. La situazione che si presenta in questi
tre Stati italiani dopo la fine dell'era
napoleonica ¨¦, sotto il profilo della codificazione
civile, diversa da quella finora considerata[8].
Nel Regno Lombardo Veneto, incorporato nell'Impero
di Austria nel 1815, ¨¦ introdotto dal 1
gennaio 1816 il Codice civile generale austriaco
(ABGB) del 1811, che rappresentava un monumento
legislativo di grande prudenza civile e il
frutto di una lunga elaborazione iniziata
fin dal 1753, per volere di Maria Teresa.
Questo Codice, come si sa, era esemplare
per ordine, chiarezza ed equit¨¢ delle sue
disposizioni e si ispirava alle dottrine
del diritto naturale ed al principio di uguaglianza
nel regolamento dei rapporti privati, ma
si configurava in modo profondamento diverso
dal Codice francese sia come orientamento
politico che come sistema espositivo. L'esperienza
di questo Regno, pertanto, si identifica
con quella degli Stati che emanano un Codice
civile perch¨¦ anche qui esiste una codificazione,
ma questa, applicata fino all'annessione
allo Stato italiano unitario (1859-1861),
¨¦ diversa dal modello francese, bench¨¦
basata anch'essa sulle fonti del diritto romano.
Nel Granducato di Toscana il granduca Ferdinando
III abolisce nel novembre del 1814 la legislazione
civile napoleonica, compreso il Codice (con
la eccezione della disciplina del sistema
ipotecario e della prova testimoniale), richiamando
in vita le leggi, ordini e regolamenti generali
anteriori, il diritto romano comune ed il
diritto canonico, confermando soltanto l'eliminazione
degli statuti particolari delle citt¨¢, terre
e castelli. Erano per¨® fatti salvi i diritti
acquisiti sotto la vigenza delle leggi francesi.
Nello stesso anno un'apposita Commissione
prepar¨® alcuni importanti progetti di legge
in campo del diritto civile, che furono rapidamente
approvate. Si tratta delle leggi sulle successioni
intestate, la patria potest¨¢, l'emancipazione,
la tutela, l'interdizione per incapacit¨¢,
le obbligazioni delle donne, i testamenti,
i codicilli e la porzione legittima. Tutte
risultano largamente influenzate dalla precedente
tradizione giuridica in reazione alla codificazione
di tipo francese. Nonostante i tentativi
del successivo granduca Leopoldo II, che
aveva nominato una Commissione con questo
scopo, la Toscana resta senza un Codice civile
fino alla sua unione con il Regno di Italia;
fino a quel momento quindi le materie civili
continuano ad essere regolate, oltre che
dalle poche leggi appena viste, dal complesso
delle norme del diritto romano comune e del
diritto canonico. Con la sola importante
eccezione della citt¨¢ di Lucca e del suo
territorio, dove la "provvisoria"
vigenza del Codice napoleonico, che abbiamo
visto nel paragrafo 1, con alcune modifiche
nel regime patrimoniale tra coniugi e nella
successione intestata fu confermata anche
dopo l'annessione al Granducato nel 1847,
protraendosi fino all'entrata in vigore del
Codice civile italiano del 1865.
Anche nello Stato Pontificio la legislazione
francese ¨¦ subito abolita nel 1814 dal Papa
Pio VII, fatta eccezione solo per il sistema
ipotecario, richiamando in vigore la legislazione
precedente fondata sul diritto comune, influenzato
dal diritto canonico e dalle costituzioni
papali. Nel 1821, tuttavia, lo stesso Papa
promulg¨® un Codice di procedura civile ed
un Regolamento di Commercio, che riproduceva
con poche modifiche il Codice di commercio
francese. Sempre Pio VII, rendendosi conto
della necessit¨¢ di introdurre alcune riforme
nel diritto civile, fece predisporre alcune
leggi di riforma nei settori dello stato
e capacit¨¢ delle persone, delle successioni
intestate e degli atti di ultima volont¨¢,
dei fedecommessi, di alcuni contratti e delle
ipoteche. Tali riforme furono accolte anche
dal successivo Papa Gregorio XVI in un Regolamento
legislativo e giudiziario per gli affari
civili del 1834, che in realt¨¢ poco modificava
il precedente sistema, conservando il ricorso
come fonte sussidiaria al "diritto comune,
moderato dal diritto canonico e dalle costituzioni
apostoliche". Nessun progetto di codificazione,
nonostante il tentativo dei rivoluzionari
della Repubblica Romana del 1848-49, fu in
seguito realizzato, e cos¨ª, fino all'unione
con il Regno di Italia, anche lo Stato Pontificio
resta privo di un Codice civile.
5. L'eredit¨¢ di queste codificazioni nel
Codice civile italiano del 1865. Nel momento della nascita del nuovo Stato
unitario, il Regno d'Italia, nel 1861, nei
suoi territori erano vigenti cinque Codici
civili: i quattro di ispirazione francese
(delle Due Sicilie, di Parma, di Sardegna
e di Modena) e quello austriaco. La decisione
del Governo nazionale fu all'inizio quella
di lasciare invariata la precedente situazione
nel campo della codificazione civile, con
la sola eccezione dell'estensione alle regioni
dell'ex Stato Pontificio del Codice del Regno
di Sardegna. Contemporaneamente fu subito
istituita una Commissione per redigere il
progetto di un nuovo Codice civile. Infatti
la pluralit¨¢ di leggi, complicata dai provvedimenti
speciali e dalle modifiche attuate dai governi
provvisori prima dell'unificazione, aveva
creato una situazione di confusione ed incertezza
giuridica nel campo del diritto civile, che
rendeva urgente ed indispensabile una sua
codificazione unitaria. Questa codificazione
si realizz¨®, come ¨¦ noto, in tempi abbastanza
rapidi, cosicch¨¦ gi¨¢ il 1 giugno del 1865
fu promulgato il nuove Codice civile per
tutto il Paese, che entr¨® in vigore il 1
gennaio 1866[9]. La rapidit¨¢ con cui venne realizzato il
nuovo Codice fu certamente dovuta al fatto
che l'unificazione del diritto privato non
poneva particolari problemi di tipo politico
- legislativo, in quanto quattro dei Codici
preunitari, per unit¨¢ della fonte (il Codice
francese) e per sostanziale unit¨¢ del contenuto,
realizzavano gi¨¢ una specie di "diritto
comune", mentre quello austriaco era
pur sempre basato su fondamenti del diritto
romano comune, anche se elaborati in forma
diversa rispetto al Codice francese[10].
Anche per il Codice civile italiano del 1865
il modello dunque rimase sempre quest'ultimo
codice, ma in esso confluirono anche le esperienze
maturate nelle codificazioni preunitarie
ad esso ispirate.
Il Codice conserva immutata la struttura
in tre libri, preceduti dalle disposizioni
preliminari sulla pubblicazione, interpretazione
ed applicazione delle leggi, nonch¨¦ dalle
norme fondamentali del diritto internazionale
privato. Rispetto alle codificazioni precedenti
in vigore negli Stati italiani si possono
notare le seguenti principali analogie e
differenze.
Nel libro I fu introdotto il matrimonio civile,
come nel Codice francese, per affermare il
carattere laico dello Stato, lasciando quindi
fuori dal Codice il matrimonio canonico,
che i cittadini potevano celebrare in aggiunta
a quello civile e non in sostituzione ad
esso, come disponevano invece i Codici preunitari.
A questi ultimi il legislatore del 1865 si
richiam¨® invece per gli istituti della adozione
e della tutela, mentre per la patria potest¨¢
ed il divieto di compiere indagini sulla
paternit¨¢ si ritorn¨® ai principi maggiormente
rigorosi del Codice francese, eliminando
alcune eccezioni o modifiche dei Codici italiani
anteriori.
Per quanto concerne il libro II, il Codice
del 1865, come le altre codificazioni italiane
precedenti, si mantenne fedele ai principi
del Codice francese, apportando solamente
limitate integrazioni. Tra queste ricordiamo
il riconoscimento della propriet¨¢ intellettuale,
come aveva gi¨¢ fatto il Codice albertino
del 1837; la divisione dei beni di propriet¨¢
dello Stato nelle due categorie del demanio
pubblico e dei beni patrimoniali ed una dettagliata
disciplina in materia di acque e di servit¨²
di acquedotto, come nel Codice albertino;
la sottoposizione alle leggi civili della
propriet¨¢ ecclesiastica e la necessit¨¢
dell'autorizzazione governativa per la sua
alienazione, mancando una normativa specifica
in questo campo sia nel Codice francese che
in quelli italiani preunitari.
Con riferimento al libro III, infine il Codice
rispett¨® sostanzialmente il modello francese,
con pochi ritocchi, in materia di obbligazioni
e contratti, mentre pi¨² incisive modifiche,
sulla base dei Codici italiani preunitari,
furono introdotte in altri campi. Le pi¨²
importanti sono:
a) la conservazione del regime della separazione
dei beni come regime normale dei rapporti
patrimoniali tra coniugi e dell'istituto
della dote, lasciando il regime della comunione
dei beni, previsto nel Codice francese, come
convenzionale;
b) il rispetto dei principi del diritto giustinianeo
delle Novelle nel regime delle successioni
intestate;
c) la conservazione dell'istituto dell'enfiteusi,
regolata tra i contratti, ma costitutiva
di un diritto reale di tipo dominicale in
favore dell'enfiteuta;
d) il regolamento normativo dell'istituto della
trascrizione, come forma essenziale di pubblict¨¢
e condizione di efficacia verso i terzi degli
atti e sentenze relativi alla trasmissione
della propriet¨¢ e la costituzione dei diritti
reali su beni immobili.
[1] Cfr. ASTUTI, Il Code Napol¨¦on in Italia e la sua influenza sui codici degli stati italiani successori in Annali di Storia del diritto XIV - XVII (1970-1973), 2 ss. ; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale e unificazione giuridica in Italia. La codificazione del diritto nel Risorgimento, Roma-Bari 1979, 223 ss.
[2] Cos¨ª ASTUTI, Il Code Napol¨¦on cit., 5 s.
[3] Su questo Codice cfr., in generale, la seguente dottrina: LIBERATORE, Introduzione allo studio della legislazione del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1840; MELELANDRI, Codice del Regno delle Due Sicilie col confronto del Codice francese, del diritto romano e delle leggi patrie, Napoli 1850; CORTESE, Per la storia del Regno delle Due Sicilie dal 1815 al 1820 in Il Mezzogiorno ed il Risorgimento italiano, Napoli 1965, 324 ss.; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale cit., 230 ss.
[4] Su questo Codice cfr. la seguente dottrina: ERCOLE, Per la storia dei lavori preparatori del Codice civile parmense in Archivio storico delle province parmensi 1914, 135 ss.; COGNETTI DE MARTIIS, Pel centenario del Codice civile parmense in "Aurea Parma", Parma 1920, 177 ss.; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale cit., 234 s.
[5] Su questo Codice si vedano in dottrina: AQUARONE, La politica legislativa della Restaurazione nel Regno di Sardegna, in Bollettino storico bibliografico subalpino, 1959, 21 ss.; ASTUTI, Gli ordinamenti giuridici degli Stati sabaudi in Storia del Piemonte, vol. I, Torino 1969, 538 ss.; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale cit., 235 ss.
[6] Su questo Codice segnaliamo in dottrina: LATTES, La formazione del Codice civile estense, Torino 1912; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale cit., 245 s.
[7] Fondamentali a questo riguardo sono i confronti con il Codice francese e con il diritto romano che si trovano in opere dottrinali contemporanee o di poco successive alla promulgazione di questi Codici: cfr. D'ETTORRE, Codice pel Regno delle Due Sicilie, messo in confronto con quello vigente in Francia e le leggi romane, 3 volumi, Napoli 1857-59; il Manuale forense, ossia il confronto tra il Codice albertino, il diritto romano e la legislazione anteriore, con rapporto ed illustrazione dei corrispondenti articoli del Codice civile francese ed austriaco, 9 volumi, Torino-Novara 1838-1843; BRUGNOLI, Indice ragionato del Codice civile estense in comparazione con il diritto romano, Modena 1852.
[8] Sul cfr. in dottrina ASTUTI, Il "Code Napol¨¦on" in Italia cit., 32 ss.; GHISALBERTI, Unit¨¢ nazionale cit., 246 ss.
[9] Sul Codice civile italiano del 1865 cfr. in dottrina: UNGARI, L'et¨¢ del Codice civile. Lotta per la codificazione e scuole di giurisprudenza nel Risorgimento, Napoli 1967, 118 ss.; CORRADINI, Le codificazioni civilistiche dell'Ottocento in Il diritto privato nell'et¨¢ moderna. Saggi a cura di Rodot¨¢, Bologna 1971, 56 ss.; BONINI, Disegno storico del diritto privato italiano (dal codice civile del 1865 al codice civile del 1942), Bologna 1980, 18 ss.; GHISALBERTI, La codificazione del diritto in Italia (1865-1942), Roma-Bari 1985, 90 ss.
[10] Cfr. sul punto ASTUTI, Il "Code Napol¨¦on" cit., 58 ss.