LEONID KOFANOV

 

MANCIPIUM E NEXUM NELLE LEGGI DELLE XII TAVOLE

 

In questo articolo vorrei studiare il carattere dellĄŻalienazione della propriet¨¤ nel periodo delle XII Tavole. Queste Leggi dicono (VI. 1): "CUM NEXUM FACIET MANCIPIUMQUE, UTI LINGUA NUNCUPASSIT, ITA IUS ESTO." Ma nelle Leggi stesse non troviamo alcuna spiegazione del contenuto delle transazioni nexum e mancipium. E il fatto ¨¨ che la corretta comprensione del suo carattere ci pu¨° dare la chiave al giusto apprezzamento di tutto il diritto romano arcaico, dello sviluppo delle relazioni economiche e sociali nella Roma tra il V ed il IV sec. a.C. Da ci¨° nasce l'interesse degli scienziati a questo problema. L'insufficienza e l'ambiguit¨¤ delle fonti fecero sorgere decine di teorie ed interpretazioni del contenuto del nexum mancipiumque, molte delle quali sono addirittura opposte tra loro. Ecco perch¨Ś nel trattamento di questo tema diventa particolarmente importante un'attenta analisi delle fonti.

 

Il mancipium

Soffermiamoci prima di tutto sulla transazione mancipium. Le notizie che trattano direttamente il termine mancipium sono molto poche. Cos¨Ź Varrone dice che "Mancipium ¨¨ quello che si prende con la mano."[1] Isidoro aggiunge, che la parola mancipium si usa per gli uomini, per i cavalli e per le pecore e tutte le fiere diventate domestiche[2]. Di solito i commentatori di questo testo prestano attenzione allo sbaglio di Isidoro che annover¨° tra il mancipium  le pecore e le fiere[3]. E' possibile per¨° un'altra interpretazione di questo testo di cui parleremo pi¨´ avanti. Cos¨Ź mancipium significava innanzitutto il dominio su uomini o animali. Da qui la denominazione molto diffusa degli schiavi - mancipii. Il dominio del mancipium si effettuava attraverso un rituale speciale del "mettere le mani addosso" (manus iniectio). Lo sottolinea Macrobio, dicendo che il rituale della manus iniectio ¨¨ quasi il mancipium stesso, e aggiungendo che, quest'ultimo, era legato al diritto divino e veniva accompagnato dalle speciali parole di consacrazione[4]. Cos¨Ź il mancipium  viene di solito interpretato come la pi¨´ antica denominazione del diritto di propriet¨¤[5]. Il termine mancipium  indica non tanto il diritto di propriet¨¤ quanto il potere del patriarca (patria potestas) sui beni mancipi e sui familiari[6]. Per¨° il potere illimitato su un oggetto, ad esempio, su una casa comprata ¨¨ uno dei principali elementi del diritto di propriet¨¤.

Nella scienza predomina l'opinione che il mancipium pi¨´ antico ¨¨ la mancipazione definita del giurista Gaio[7]. Ma questa idea non trova conferma in molte fonti. Il fatto ¨¨ che la formula nexum mancipiumque delle Leggi delle Dodici Tavole (6.1) viene riproposta dal giurista Paolo il quale sostituisce il termine arcaico con quello classico - mancipatio et in iure cessio[8]. I ricercatori del diritto romano lo hanno gi¨¤ notato da tempo. Sul confronto delle due formule parallele ¨¨ basata la teoria secondo la quale il nexum ¨¨ l'antica forma di in iure cessio, poich¨Ś la mancipazione pu¨° corrispondere solo al mancipium[9]. Ma i dati del commento di Boezio alla Topica di Cicerone contraddicono questa interpretazione. Boezio collega la definizione ampiamente conosciuta di mancipazione di Gaio, proprio con nexum[10]. Allora la transazione mancipium va intesa come una concessione giudiziaria - in iure cessio menzionata nella soprannominata legge delle Dodici Tavole. Ma qui pu¨° sorgere una seria obiezione che solo le res mancipi potevano essere oggetto del mancipium mentre attraverso la concessione giudiziaria potevano essere trasferite anche le res nec mancipi.

Il ricercatore tedesco K.F.Thorman[11] a nostro avviso dimostr¨° in un modo ben convincente l'affinit¨¤ tra mancipazione e vindicazione (in iure cessio). A suo parere, anche la pi¨˛ antica vindicazione, si limitava alle res mancipi. Giacch¨Ś nella vindicazione cos¨Ş come nella mancipazione utiliazzavano il rituale del "mettere le mani addosso" il che ¨¨ testimoniato inequivocabilmente da Varrone e Aulo Gellio[12]. K.F.Thorman richiama l'attenzione sul fatto che la parola manus, cos¨Ş come mancipium, significava il potere in quanto tale[13]. La differenza formale tra queste due transazioni consisteva nell'uso del rame e della bilancia nel trasferimento del potere (mancipium) attraverso mancipazione e l'uso di un bastoncino (festuca) con il quale si toccava l'oggetto in questione nella vindicazione. Questo bastoncino simboleggiava la lancia, cio¨¨ la forza militare riconosciuta dai romani come il principale mezzo di acquisizione della propriet¨¤. K.F.Thorman chiama tale transazione "il diritto della lancia"[14].

Un vivo esempio della vindicazione nella Roma arcaica sono le aste dei beni presi al nemico che venivano organizzate dai consoli dopo il ritorno dalla campagna militare. Queste aste avevano il nome di "vendita con la lancia". Siccome tra le cose tolte al nemico (di solito il bestiame e gli schiavi) si trovavano spesso quelle che l'avversario, dopo aver devastato i campi, cercava di portare con se, allora l'azione avveniva nella forma di un processo giudiziario sotto il comando del console. Questi annunciava l'oggetto e chi, imposte le mani sopra di esso, lo proclamava suo (meum esse ex iure Quiritium aio) ne diventava proprietario.

Contro l'interpretazione del mancipium arcaico come vindicazione si pu¨° obbiettare che gli autori romani, descrivendo la mancipazione, indicano che l'acquirente proprio attraverso la mancipazione riceveva il potere (mancipio accipere) sull'oggetto comprato. Bisogna per¨° fare attenzione alla differenza tra le espressioni mancipium facere, usata nelle Dodici Tavole e mancipium accipere,   utilizzata nella definizione di mancipazione. Nel primo caso il verbo facere  significa "fare, creare". Ed effettivamente nel rituale di vindicazione il potere sull'oggetto che non apparteneva a nessuno secondo il diritto dei quiriti, lo si creava attraverso il colpire simbolico della lancia. Nel secondo caso l'acquirente semplicemente riceveva (accipere) questo potere dal precedente proprietario.

Per comprendere pi¨˛ a fondo il carattere del mancipium bisogna esaminare il termine manceps. Nella breve interpretazione di Paolo Diacono la parola manceps viene legata all'idea di "prendere con la mano"[15]. Gi¨¤ da tempo fu notata la relazione etimologica di questo termine con la parola mancipium. Infatti letteralmente manceps pu¨° significare "colui che fa il mancipium". Gli autori antichi danno una definizione assai completa a questo termine. Lo stesso Paolo dice:

Manceps si chiama colui che compra oppure prende in locazione qualcosa dal popolo, perch¨¨ lui per mezzo della imposizione della mano indica che lui stesso ¨¨ il garante dellĄŻacquisto; egli si chiama anche Ą°praesĄą, perch¨¨ deve presentare al popolo quello che ha promesso nello stesso modo di colui che si era fatto suo garante[16].

Da questo testo segue che i mancipi si chiamavano anche praes, fatto che non viene messo in dubbio nella letteratura scientifica. Secondo le definizioni di Paolo e Varrone[17]  il praes, ossia il mancipe, assumeva un'obbligazione di appalto statale attraverso una pubblica transazione in presenza di un magistrato. Bisogna notare anche che il potere del mancipe sull'oggetto si stabiliva attraverso il "mettere le mani sopra" (manu sublata). E' particolarmente importante che questa transazione si concludeva non tra privati ma con lo Stato, e, formalmente, il mancipe assumeva la sua obbligazione davanti al popolo romano, perci¨° l'unica forma possibile per assumere l'obbligazione del mancipe era la vindicazione. Indubbiamente proprio questa transazione aveva il nome di mancipium  nelle Leggi delle Dodici Tavole.

I ricercatori moderni di solito non mettono in dubbio la possibilit¨¤ della vendita dei terreni e della propriet¨¤ privata sulla terra nell'epoca delle Dodici Tavole. Lo si suole associare con il sorgere dell'ager quaestorius, cio¨¨ delle terre comunitarie vendute dai questori ai privati, il fatto ¨¨ cronologicamente legato all'istituzione dei questori, ossia alla fine del VI sec. a.C. Dobbiamo respingere l'interpretazione troppo letterale della vendita terriera ai privati. E.M.Stajerman nega con tutte le ragioni l'esistenza anche nella Roma imperiale della propriet¨¤ privata assoluta nella sua variante capitalistica[18]. Ad esempio spesso ai giuristi romani era difficile fare la distinzione tra la compravendita (emptio-venditio) e la locazione (locatio-conductio) perch¨Ś anche un possesso ereditario  era condizionato dal pagamento di una rendita annuale (Gai. Inst.3.145). Nella Roma arcaica il carattere condizionato di ogni possesso era ancor pi¨˛ forte. Poich¨Ś, secondo Festo, perfino  vendita (venditiones) "significava anticamente i contratti di locazione con i censori, perch¨Ś essi (i censori) vendevano quasi i frutti dei terreni pubblici"[19]. Dunque, chi contraeva la transazione mancipium col popolo romano, comprava o locava l'ager publicus (emit conducitve)[20]. E la differenza tra lĄŻacquisto e la locazione non consisteva nel carattere del possesso (tanto l'una quanto l'altra riguardavano l'ager vectigales) ma solo nei termini di quell'ultimo. Nel primo caso la terra veniva venduta per cent'anni, nel secondo, evidentemente - per cinque anni, cio¨¨ fino al prossimo lustrum effettuato dal censore.

Una prova importante dell'esistenza della locazione dell'ager publicus gi¨¤ nella met¨¤ del V sec. a.C., ¨¨ il famoso testo delle Dodici Tavole (VI. 5b). Nelle edizioni moderne delle Leggi non si nota di solito che il testo viene riportato dal brano molto pi¨´ ampio del Paolo. In questo brano il giurista cerca di confermare la possibilit¨¤ di affitto attraverso in iure cessio ossia attraverso il mancipium[21]. Paolo non discute sulla stessa possibilit¨¤ di locazione attraverso la concessione giudiziaria o attraverso la mancipazione nelle XII tavole, ma discute la questione se l'usufrutto deve essere alienato condizionalmente (deducere) attraverso esse, oppure deve soltanto essere trasferito (transferri).

A favore dell'arcaicit¨¤ delle transazioni di questo tipo testimonia il fatto che la vindicazione come forma di azione ¨¨ molto pi¨˛ antica delle Leggi delle Dodici Tavole. L'arcaicit¨¤ del contratto d'affitto mancipium ¨¨ confermata anche dal rituale puramente religioso della sua stipulazione. Oltre all'"uccisione" dell'oggetto mancipiato con una lancia simbolica, colui che locava l'ager publicus doveva tingere il volto di Giove con il sangue della sua vittima sostituito ulteriormente con una speciale tinta rossa (minium).

 

 

IL NEXUM

Passiamo ora ad esaminare la transazione nexum, menzionata nelle Leggi delle Dodici Tavole. Ci concentreremo nellĄŻanalisi delle fonti per interpretare il significato, con il quale i decemviri intendevano la frase nexum facere.

Prima di tutto cominciamo dalle numerose definizioni del termine nexum nelle fonti. Varrone d¨¤ una definizione pi¨´ ampia. Secondo la versione di Manilio nellĄŻesposizione di Varrone[22] nexum ¨¨ un affare concluso per libram et aes, nel quale erano compiute mancipia (in cui cĄŻe lĄŻapprensione con le mani). Mucio Scevola aveva un altro punto di vista, determinando il nexum come lĄŻaffare che era compiuta per aes et libram allo scopo di obbligare (ut obligatur), oltre il caso della trasmissione per mancipium. Di seguito Varrone ci offre lĄŻetimologia di nexum dalla frase nec suum credendo che nexum aes era il rame promesso solennemente mediante la bilancia. Qui ¨¨ necessario prestare attenzione al verbo obligare, il cui significato ci permette di interpretare la locuzione nexum aes proprio come i denari promessi, ma non come i denari dati in prestito.

Festo d¨¤ lĄŻinformazione pi¨´ breve[23]. Lui rimanda ad Elio Gallo, secondo cui il nexum ¨¨ ogni affare per aes et libram compreso un affare specifico come la testamenti factio. Festo definisce il senso del nexum aes proprio come Varrone, cio¨¨ come i denari promessi (pecuniae quae per nexum obligatur).

Cicerone ¨¨ il terzo autore che d¨¤ la definizione diretta di nexum. Prima di tutto, ¨¨ necessario notare che utilizzando la locuzione ius nexi, ius mancipi[24], Cicerone abbastanza spesso menziona nexum e mancipium insieme, proprio cos¨Ź come nelle XII Tavole. Anche lĄŻoratore indica che il nexum  era compiuto per aes et libram (De orat. 3. 40). Di seguito lui nota che in caso di nexum si tratta di res mancipi, e che, mediante il nexum si concludevano i contratti (Cic. Pro Mur. 2. 3). Ma ¨¨ molto pi¨´ importante, per¨°, un brano ciceroniano della Topica, dove lui sottolinea che mediante il nexum veniva compiuta lĄŻalienazione di res mancipi. A quel che pare, in questo brano si tratta del nexum delle XII Tavole, perch¨¨ nel trattato De republica (2.24.59) Cicerone racconta dellĄŻabolizione del nexum ancora nel periodo della Roma arcaica.

Allora, secondo le fonti esaminate il nexum equivaleva alla mancipatio ed era compiuto anche mediante il rito per aes et libram non solo per alienare le res mancipi, ma anche per concludere il contratto che faceva nascere lĄŻobbligazione. Nella romanistica si prestava attenzione gi¨¤ molto tempo fa a questa attestazione delle fonti. I molti studiosi moderni, per¨°, artificialmente dividono il nexum, da un lato, nellĄŻaffare nel senso ampioĄą, dove quello ¨¨ un tardo equivalente terminologico della mancipatio, dallĄŻaltro lato, nellĄŻaffare nel senso stretto del termine, come il contratto di credito pecuniario o come la mancipatio di se stesso[25]. Le fonti, per¨°, non danno nessuna ragione di tale divisione. Inoltre, la stessa interpretazione del nexum come del contratto di credito pecuniario o come della mancipatio di se stesso, non trova serie conferme nelle fonti. La mancipatio di se stesso mediante il nexum ¨¨ poco probabile quantunque ammisibile. Anche in caso della vendita di se stesso mediante la mancipazione il compratore diventava subito il proprietario effettivo del debitore, perci¨° lĄŻobbligazione non era derivativa. In questo senso il prof. Leo Peppe[26] ha ragione, considerando che in tal caso il contratto obbligatorio era concluso anteriormente con aiuto dellĄŻaltro affare. Ma questa considerazione contraddice lĄŻinformazione di Varrone e di Cicerone sul nexum che secondo loro era concluso allo scopo di obligare, ma non al contrario.

Anche lĄŻinterpretazione del nexum nel senso del contratto di crdito pecuniario ¨¨ argomentata molto debolmente. Essa si basa sulla locuzione nexum aes, la quale ¨¨ intesa da alcuni studiosi come il rame ricevuto in prestito[27]. Ho gi¨¤ notato, per¨°, che secondo Varrone e Festo il nexum aes  era il rame promesso, ma non ricevuto in prestito. EĄŻ anche necessario notare che il rame ¨¨ annoverato tra le res nec mancipi, perci¨° non poteva esser alienato mediante  la mancipatio, e di conseguenza mediante il nexum. In fine, ¨¨ difficile supporre, come Leo Peppe[28] not¨° giustamente, che gi¨¤ al principio del V sec. a.C. la circolazione monetaria raggiunse il livello tale, che soltano i contratti di credito pecuniario furono ebbero grande utilizzo nellĄŻeconomica di Roma arcaica.

Cos¨Ź, il nexum era la mancipatio, cio¨¨ il modo di alienazione delle res mancipi, nella quale il debitore formalmente era lĄŻacquirente. Per¨°, questo non pagava in contanti, ma soltanto prometteva di far questo nella nuncupatio, da cui comparvero le locuzioni nuncupata pecunia (Fest. P. L.) e nexum aes[29]. Molti studiosi, per¨°, usualmente rilevano che la mancipatio delle XII Tavole non poteva esser esata per lĄŻobbligazione, perch¨¨ lĄŻatto per aes et libram della mancipatio era divenuto imaginarius, cio¨¨ formale, soltanto dopo la comparsa della moneta. Il professor Alessandro Corbino[30], rimandando allĄŻesistenza della formula arcaica raudusculo libram ferito  e confrotandola col simbolismo del rituale del sacramentum in rem, ha presentato qualche anni fa degli argomenti abbastanza persuasivi contro questa tesi.

Del resto ci basiamo sulla frase delle XII Tavole (VI. 1) CUM NEXUM FACIET MANCIPIUMQUE, UTI LINGUA NUNCUPASSIT, ITA IUS ESTO. Se seguire la definizione di Cicerone e di Boethio, dobbiamo identificare mancipium con in iure cessio e collegarlo con lĄŻistituto dei mancipes. Dunque, il nexum deve essere collegato con la mancipatio. A mio avviso, il prof. Okko Behrends molto fortunatamente defin¨Ź il nexum come la mancipatio fundi[31]. Le fonti direttamente confermano la possibilit¨¤  di alienare  il terreno mediante il nexum. Secondo Gaio[32] il nexum  era adottato per il terreno se questo fosse ascritto alle res mancipi. Anche il frammento dal trattato del agrimensore romano Aggenio Urbico[33] testimonia questo. EĄŻ interresante notare che Aggenio Urbico (o Frontino), proprio come Boethio, identifica il nexum con la mancipatio. I romani trattavano lĄŻobbligazione in modo molto ampio, considerando che qualunque relazione tra gli uomini poteva generare un obbligazione[34]. Per esempio, Ulpiano scriveva sullĄŻesistenza dallĄŻobbligazioni della compravendita (ex empto) o dallĄŻaffitto (ex locato)[35]. Secondo Q.Mucio Scevola i contratti emptio-venditio e locatio-conductio erano regolati con lĄŻaiuto della fides (Cic. De off. 3. 70). Oltre questo, secondo Cicerone (De off. 3.65), nel periodo delle XII Tavole le condizioni del contratto si stabilivano nella promessa solenne. Raccontando del contratto di locazione a breve scadenza del pascolo, Catone dettagliatamente descriva le condizioni della conclusione dellĄŻaffare (Agricult. 149).

E' necessario notare che secondo contratto il padrone del pascolo si riservava una serie di servitutes praediorum rusticorum: il diritto di pasturare una quantit¨¤ fissa del bestiame, lĄŻusufrutto dellĄŻacqua, il diritto di passaggio ed anche il diritto di coltivare gli ortaggi e di spaccare la legna. LĄŻacquirente riceveva solo una servitus - il diritto di far pascolare gli armenti. Occorre notare che le servitutes praediorum rusticorum appartenevano alle res mancipi e potevano esser alienate mediante la mancipatio [36] e quindi con il nexum. Le leggi delle XII Tavole (VII. 6-8) indicano direttamente lĄŻesistenza delle servitutes praediorum rusticorum nella Roma arcaica. Anche Gaio descrive lĄŻusufrutto antico nel suo commentario alle XII Tavole (D. 22. 1. 19).

Dunque il nexum delle XII Tavole era il modo di alienazione della propriet¨¤ ed anche il mezzo di sostituire il potere sopra le res mancipi. Nella Roma arcaica, per¨°, questa alienazione non era completa, perch¨¨ lo stato arcaico conservava il potere supremo sopra la propriet¨¤. Questo potere dello stato si manifestava nelle ridistribuzioni periodiche dellĄŻager publicus ed anche nella raccolta della tassa fondiaria, la quale i mancipes realizzavano. La vendita delle res mancipi poteva eseguirsi sotto condizione ed a tempo limitato, pi¨´ sovente annualmente (Paul. fr. Vat. 50). Cos¨Ź, il nexum aveva solo la forma della vendita, ma nei fatti questĄŻaffare era usato per regioni differenti, perch¨¨ era la vendita di credito, la imaginaria venditio, e lĄŻacquirente solamente prometteva di pagare il prezzo.

 



[1] Varr. L.L. VI. 85: Mancipium quod manu capitur.

[2] Isid. Orig. IX.4.45: Mancipium est quidquid manu capi subdique potest, ut homo, equus, ovis. Haec enim animalia statim ut nata sunt, mancipium esse putantur. Nam et ea, quae in bestiarum numero sunt tunc videntur mancipium esse, quando capi sive domari coeperint.

[3] Ved. il commento in: Fontes iuris Romani antiqui (Eds. C.G.Bruns). Vol. 2. Tubingae, 1909. S. 83.

[4] Macr. Sat.3.7

[5] Steinwenter. Mancipium // RE Bd. 14(1). S. 1010-1014.

[6] Diosdi G. Ownership in ancient and preclassical Roman Law. Budapest, 1970. P. çé f.

[7] Gai. I. 119-120.

[8] Vat.fr.50:

[9] Thorman K.F. Der doppelte Ursprung der mancipatio. Ein Beitrag zur Erforschung des frürömische Rechtes unter Mitberuchsichtigung des nexum. Muenchen, 1943. S. 255 ff.; Tomulescu C.St. Nexum bei Cicero. // IURA. NĄă17. 1966. S. 70 ff.

[10] Boeth. Ad Cic. Topica 3.5.28.

[11] Thorman K.F. Op. cit. S. 57.

[12] Varr. L.L. 6.64; Gell. 20.10. 7-8 = XII tab. VI. 5a.

[13] Thorman K.F. Op. cit. S. 36.

[14] Thorman K.F. Op. cit. S. 274.

[15] Paul. exc. P. 115 L.: Manceps dictus quod manu capiatur.

[16] Paul. exc. P. 115 L.: Manceps dicitur, qui quid a populo  emit conducitve, quia manu sublata significat se auctorem emptionis esse: qui idem praes dicitur, quia tam debet praestare populo, quod promisit, quam is, qui pro eo praes factus est.

[17] Paul. exc. P. 249 L.; Varr. LL. 5.40.

[18] Staierman E.M. Drevnij Rim. Problemy ekonomiceskogo razvitija (Roma antica. Problemi dello sviluppo economico) Moskva, 1978.  P. 216.

[19] Fest.P.516 L.: Venditiones... dicebantur censorum locationes; quod velut fructus locorum publicorum venibant.

[20] Fest.P.137 L

[21] Vat fr. 50: "In mancipatione vel in iure cessione an deduci possit vel ex tempore vel ad tempus vel ex condicione vel ad condicionem, dubium est: quemadmodum si is, cui in iure ceditur, dicit: AIO HUNC FUNDUM MEUM ESSE, DEDUCTO USUFRUCTU USQUE AD KAL.IAN., vel: DEDUCTO USUFRUCTU USQUE AD KAL.IAN. DECIMAS...item in mancipatione:EMPTUS MIHI ESTO PRETIO, DEDUCTO USUFRUCTU EX KAL.ILLIS: et eadem sunt in condicione. Pomponius igitur putat, non posse ad certum tempus deduci nec per in iure cessionem, nec per mancipationem, sed tantum transferri ipsum posse. Ego didici, et deduci ad tempus posse, quia et mancipationum et in iure cessionum (leges) lege XII tabularum confirmantur."

[22] Varr. LL. VII. 105: Nexum Manilius scribit omnem quod per libram et aes geritur, in quo sint mancipia; Mucius, quae per aes et libram fiat ut obligentur, praeter quom mancipium detur. Hoc verius esse ipsum verborum ostendit, de quo quaeritur: nam id aes quod obligatur per libram neque suum fit, inde nexum dictum.

[23] Fest P. 160 L.: Nexum est, ut ait Gallus Aelius, quodcumque per aes et libram geritur: id quod necti dicitur. Quo in genere sunt haec: testamentum factio, nexi datio, nexi liberatio. Cfr. Cic. De orat 3. 40. 159.

[24] Cic. De orat. 1. 38. 173; Harusp. 7. 14; ad fam. 7. 30. 2.

[25] Villers R. Rome et le droit prive. Paris, 1977. Watson A. Rome of the XII tables. London, 1975. P. 116 ff.

[26]  Peppe L. Studi sull'esecuzione personale. Debiti e debitori nei due primi secoli della repubblica romana. Milano, 1981. P. 85-99.

[27] Huschke E. Ueber das Recht des nexum und das alte romische Schuldrecht. Lpz., 1846. S. 52 ff.; Mitteis L. Ueber das nexum. in ZSS. N 22. 1901.. S. 96 ff.; Westrup C.W. Introduction to early Roman Law. Vol. 4. Book 1. London, 1950. P. 129; 143-178; Watson A. Op. cit. P. 112.

[28]  Peppe L. Op. cit. P. 85-99.

[29] Fest. P.162 L.: "Nexum aes apud antiquos dicebatur pecunia, quae per nexum obligatur." Cfr.: Cic. De orat.3.40.159.; Varr. L.L. 7. 105

[30] Corbino A. Il rituale della "mancipatio" nella descrizione di Gaio ("Rem" tenens in Inst.1.119 e 2.24) in: Studia et Documenta Historiae et Iuris. XLII. 1976. P.149-196.

[31] Behrends O. Das Nexum im Manzipationrecht oder die Ungeschichtlichkeit des Libraldarlehens. in: RIDA. 1974. N 21.. S. 179  f.

[32] Gai. Inst. 2. 27: [Ptaeterea hoc loco admo]nendi sumus, [etiam nexum Italici soli proprium] esse, provincialis soli nexum non [esse; nam recipit nexus] significationem solum non aliter [quam si] mancipi est; at provinciale nec mancipi est.

[33] Aggen. Urb. Controv. agr. P. 64 Blume: Et stipendiarios (agros) qui nexum non habent, neque possidendo ab alio quaeri possunt. Possidentur tamen a privatis, sed alia condicione: et veneunt, sed nec mancipatio eorum legitima potest esse.

[34] D.44.7.3; D.50.16.11

[35] D.50.16.12.

[36] Gai.Inst. 2. 29; 31.