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La romanità – argomento principale della
perennità del codice civile romeno TEODOR SAMBRIAN Professore di diritto romano presso l’Università
di Craiova 1. Premesse politiche dell’elaborazione
del Codice Civile romeno L’elaborazione del Codice Civile romeno
si iscrive nell’ampio processo della realizzazione
della Romania moderna, il più importante
desiderio della rivoluzione borghese del
1848. L’inizio del secolo XIX trovò i rumeni
che vivevano divisi in tre stati: nella Transilvania,
che apparteneva all’Impero azburgico, mentre al sud e all’est dei Carpazi, in Valacchia
e in Moldavia, due principati autonomi che
si trovavano sotto il dominio dell’Impero
ottomano e sotto il protettorato dell’Impero
dello zar. Fenomeno quasi generale europeo,
la rivoluzione del 1848 ha aperto un nuovo
capitolo nella storia dell’umanità, avendo
come conseguenza principale l’instaurazione
di un nuovo ordine nell’esistenza delle
nazioni e degli stati europei.1 Parte del fenomeno generale europeo, la rivoluzione
romena del 1848 è stata però il risultato
di una prolungata evoluzione interna2; una caratteristica propria è stata l’affermarsi,
non sempre in modo ufficiale, del desiderio
della realizzazione di uno stato unitario
e indipendente. A causa delle particolarità
determinate dalla circostanza internazionale
e dal rapporto di forze, l’idea dell’unificazione
politica dei rumeni ha figurato soltanto
nel programma dei rivoluzionari della Valacchia
e della Moldavia.3 L’unità politica presupponeva, implicitamente
anche l’unificazione legislativa, mentre
la modernizzazione chiedeva l’adozione di
una nuova legislazione concordante con gli
interessi della borghesia. In conclusione,
la realizzazione del programma dei rivoluzionari
del 1848 significava una trasformazione radicale
della società romena, la sostituzione dell’ordinamento
feudale con l’ordinamento capitalista. A
seguito dell’intervento degli eserciti ottomano,
russo e austriaco, la rivoluzione rumena
è stata sconfitta. Nonostante ciò, ha lasciato
alla posterità una ricca eredità, collocando
la nazione romena nella coscienza europea
e accelerando il processo di costituzione
della Romania moderna.4 L’esperienza accumulata ha evidenziato il
fatto che solo la realizzazione dell’unità nazionale costituiva la garanzia
del compimento anche degli altri desideri
della rivoluzione del 1848. Per la realizzazione
di questo ideale, i romeni, un popolo piccolo,
dovevano avere ancora pazienza e aspettare
una circostanza internazionale favorevole. L’occasione si è presentata dopo la guerra di Crimea (1853 - 1856) tra
la Russia da una parte, la Turchia, l’Inghilterra
e la Francia dall’altra parte, conclusasi
con la sconfitta della Russia. Attraverso
il trattato di pace firmato a Parigi, il
30 marzo 1856, si previde, tra l’altro,
l’eliminazione del protettorato russo sulla
Valacchia e sulla Moldavia che rimanevano
sotto la sovranità della Turchia ma erano
poste sotto la garanzia dei grandi poteri
europei (Inghilterra, Francia, Austria, Prussia,
Russia, Turchia e Sardegna) e la consultazione
dei principati in ciò che riguardava la
nuova organizzazione che doveva essere stabilita dai grandi poteri attraverso una convenzione
aggiuntiva al trattato di pace del 1856. In rapporto al desiderio dei rumeni
dei due principati di unificarsi in un unico
stato, la Convenzione adottata a Parigi,
il 19 agosto 1858 ha costituito un compromesso
perché, sotto la pressione della Turchia,
dell’Austria e dell’Inghilterra la Convenzione
ha previsto la costituzione di una confederazione
tra la Moldavia e la Valacchia sotto il nome
di Principati Uniti di Moldavia e Valacchia.
Nell’ambito della confederazione ogni principato
aveva le proprie strutture politiche (principe,
governo, parlamento): gli elementi comuni
consistevano nell’esistenza di una costituzione
unica, di una commissione centrale avente il compito di preparare le leggi e
di una corte di cassazione. Le previsioni ingiuste della Convenzione
di Parigi che stabilivano solo l’unione
formale furono scartate dal genio politico
dei romeni che, usando in modo abile le disposizioni
della Convenzione, senza trasgredirle, elessero
Alexandru Ioan Cuza, ex rivoluzionario del
1848 come principe regnante in ambedue i
principati. In questo modo, invece di una
confederazione, il 24 gennaio 1859 si realizzò
tra la Moldavia e la Valacchia un’unione
personale, diventata nel gennaio 1862, grazie
all’accordo dei grandi poteri, un’unione
reale, sotto il nome di Romania, governata
da un unico principe, un unico governo e
un unico parlamento. 2. Elaborazione del Codice civile romeno In breve tempo dopo essere stato eletto principe,
Alexandru Ioan Cuza incluse la questione
della codificazione integrale del diritto
romeno tra le priorità legislative del suo
governo. Così, il 13 ottobre 1859, il ministro
della giustizia Gheorghe Cretzeanu avanzava
al principe la proposta di elaborazione di
un corpo di leggi che garantissero la libertà
e la proprietà delle persone e delle varie
loro transazioni. Si trattava, di fatto dell’introduzione
dei codici francesi, in primo luogo del codice
civile.5 A sua volta, Cuza inviò la proposta alla
commissione centrale dei Principati Uniti
e ai parlamenti di ambedue i principati,
però non fu adottata nessuna misura. Dopo l’unificazione dei parlamenti (24 gennaio
1862) Cuza nominò il 27 luglio 1862 una
commissione formata da nove membri che aveva
il compito di redigere un progetto di codice
civile. Prendendo come modello il codice
civile francese del 18046, la commissione elaborò un progetto di
codice e presentò il 15 gennaio 1864 i primi 1293
articoli perché fossero esaminati da parte
della commissione giuridica del parlamento.
Questo, essendo dominato dai conservatori,
era sfavorevole al programma legislativo
progressista del principe. Per non rischiare la mancata accoglienza
di questo programma (che conteneva anche
la realizzazione di una riforma agraria e
l’adozione di una legge elettorale che allargava
il diritto di voto (secondo l’esempio dell’imperatore
Napoleone che, vedendo che il suo progetto
di codice civile era in pericolo di essere
respinto a causa delle ostilità del Tribunale,
procedette con una misura dittatoriale, cambiando
la composizione del Tribunale7, Cuza fece un colpo di Stato il 2/14 maggio
1864 con il quale sciolse il parlamento.
Fece seguito un referendum attraverso il
quale fu adottata una nuova costituzione che instaurò un regime politico dittatoriale
nell’ambito del quale il parlamento aveva
un ruolo decorativo ed era organizzato in
modo tale che era impossibile che un’iniziativa
legislativa del principe fosse respinta.
Fu previsto anche, ugualmente, che fino all’apertura
dei lavori del nuovo parlamento il paese
fosse governato attraverso decreti leggi
emanati dal principe e preparati da un Consiglio
di Stato nominato dal principe. Approfittando del nuovo quadro costituzionale,
Cuza incaricò l’11 luglio 1864 il Consiglio
di Stato di elaborare un nuovo progetto di
codice civile, con la raccomandazione di
prendere a modello il progetto del codice
civile italiano elaborato dal giureconsulto
Pisanelli. I membri del Consiglio di Stato,
a capo del quale si trovava il professore
di diritto romano Constantin Bosianu, non tennero conto della raccomandazione del principe
che in piccola misura, preferendo usare direttamente
il Codice napoleonico come anche il progetto romeno realizzato negli anni
1862 – 1863. Il materiale fu suddiviso il
10 ottobre 1864 tra i membri della commissione
di diritto civile che, divisi in tre gruppi
di lavoro, svolsero la loro attività velocemente,
per evitare il procedimento pesante che presupponeva
il dibattito per articoli nelle due camere
legislative. Scritto in gran fretta da otto
copisti8 il manoscritto del codice civile fu consegnato
al Consiglio dei Ministri man mano tra il
12 – 25 novembre 1864, in quattro tranche,
in pacchi di 460, 555, 219 e rispettivamente
686 articoli. Senza essere discusso nel Consiglio
dei Ministri (perché il professore Bosianu
che condusse effettivamente i lavori di redazione
del codice godeva della fiducia totale del
principe), il codice civile fu ratificato
da Cuza il 26 novembre 1864 e promulgato
attraverso il decreto legge il 4 dicembre
1864, due giorni prima dell’apertura dei
lavori del parlamento. In tal modo, il Codice
civile romeno, la più vecchia legge romena
in vigore, fu adottato senza che nessuno
dei più dei suoi millenovecento articoli
fosse oggetto di qualche dibattito parlamentare.
è un prodotto al cento per cento dei più
validi giureconsulti romeni di quei tempi
ai quali gli organi politici di decisione
dello stato hanno accordato una piena fiducia. 3. Le fonti La principale fonte è costituita dal Codice
napoleonico, quasi due terzi dei 1914 articoli
del codice romeno sono riprodotti integralmente,
quasi integralmente o parzialmente dal codice
francese. Gli autori romeni hanno tenuto
conto anche delle critiche apportate dalla
dottrina al Codice napoleonico nei sessanta
anni in cui fu in vigore; in questo senso
una maggiore influenza è stata esercitata
dal civilista francese Marcadé. Nello stesso
tempo si è anche tenuto conto della legge
francese in ordine alla trascrizione del
1853 e della legge belga sull’ipoteca del
1851 che ha servito da modello per quasi
cento articoli compresi nel titolo 18 del
terzo libro relativo ai privilegi e alle
ipoteche (art. 1718 – 1823). Il progetto del codice civile italiano elaborato
da Pisanelli ha costituito la fonte di altri
circa settanta articoli relativi alla tutela
(art. 349), all’accessione (art. 502), alla
successione (artt. 650, 743 c. 2, 751, 752,
756, 758, 761) alle donazioni (art. 828),
ai testamenti e legati (artt. 856, 898, 906,
967) ai delitti (art. 1003), alle vari obbligazioni
(artt. 1005 – 1007, 1018, 1061) agli effetti
delle obbligazioni (artt. 1073, 1074, 1080,
1088) all’estinzione delle obbligazioni
(artt. 1110, 1142) alle prove (artt. 1175,
1183, 1148) alla vendita (art. 1298), al
contratto di affitto (art. 1466), alla locazione
di servizio (artt. 1470, 1480), al contratto
di società (art. 1504) al contratto di mandato
(artt. 1532, 1533), al contratto di prestito
(artt. 1576 – 1579), al contratto di deposito
(artt. 1604 – 1622), al sequestro giudiziario
(artt. 1632, 1633), al contratto di fideiussione
(artt. 1669 – 1673) e del pegno (artt. 1685
– 1733). Si è usata anche la vecchia legislazione
civile applicata anteriormente anche in Moldavia
e in Valacchia, e cioè il Codice Calimach
(1817), rispettivamente il Codice Caradgea
(1818); in entrambi i codici si tratta di
fatto della continuazione della tradizione
romano – bizantina del vecchio diritto romeno
come anche delle disposizioni prese direttamente
dal diritto romano. Ecco qualche esempio di tale disposizioni
del codice romeno che non trovano il loro
corrispondente o che si differenziano da
quelle corrispondenti del codice francese9. In materia di persone, le disposizioni degli
artt. 145 – 149 relative agli impedimenti
matrimoniali a causa della parentela proveniente
dal battesimo o dall’adozione o dai rapporti
che risultano dalla tutela, senza corrispondente
nel codice francese, sono state riprodotte
secondo le disposizioni comprese negli artt.
94 – 99 del Codice Calimach, che, a loro
volta hanno come fonte la legislazione di
Giustiniano (Codex Iustiniani 5, 6, 1 e 5,
4, 26; Iustiniani Digestae 23, 2, 36; 23,
2, 59 – 60; 23, 2, 62, 2; 23, 2, 67 e 48,
57; Iustiniani Institutiones 1, 10, 1). Similmente,
senza corrispondente nel codice francese,
sono anche le disposizioni dell’art 215
che consentono che il divorzio sia chiesto
da ognuno degli sposi senza la discriminazione
della donna, ispirate dal Codice Calimach
(art. 121, 122) e dal Codice Caradgea (art.
6, parte III, cap. VI), in quanto i codici
romeni continuano la tradizione romana, cosi
come quelle dell’art. 382 relative alla
richiesta della relativa motivazione alla
persona che rifiuta ingiustificatamente di
accettare l’amministrazione della tutela,
riprodotte2 dal Codice Calimach (art. 270
– 271), rispettivamente dalla legislazione
di Giustianiano che accordava al pupillo
un’ actio tutelae utilis (Iustiniani Digestae 46, 6, 4, 3 e 26, 7,
1, pr; Iustiniani Institutiones, 1, 25, 20;
Fragmenta Vaticana 155) Riguardo all’inizio della personalità,
diversamente dal codice francese (art. 314,
p. 3) che prevede la condizione della vitalità
(vitae habilis) del neo nato, il codice civile romeno (art.
288, 654, 808) chiede, conformemente alla
soluzione data da Giustiniano (Codex Iustinuani,
6, 29, 3) solo che il neonato sia nato vivo. In materia di diritti reali, l’enumerazione
dei modi di acquisizione di una proprietà
che fa il codice romeno (art. 644, 645) e’
piu ‘completa e piu’ corretta dei testi
corrispondenti del codice francese (artt.
711 e 712) in quanto quest’ ultimo non include
la consegna, la legge e l’occupazione, modi
di acquisizione della proprietà previsti
dal diritto romeno (Ulpian Regulae, 19, 2)
presi anche dagli autori del codice romeno.
Ugualmente, il codice romeno (art. 577, coma
2) prevede, conformemente al diritto romano
(Codex Iustiniani 3, 33, 13, 1) ma contrariamente
al codice francese (art. 832) la possibilità
del titolare del diritto di abitazione di
affittare una parte della casa dove abita. In materia di successioni, possono essere
menzionati a titolo di esempio, i seguenti
casi in cui gli autori del codice romeno,
ispirandosi al diritto romano, hanno adottato
soluzioni differenti da quelle previste nel
codice francese: mentre il codice francese
stabilisce nel caso di persone decedute nella
stessa circostanza (commorientes) presunzioni legali a seconda dell’età
e del sesso (art. 720 – 722) il codice romeno
(art. 650 – 653) come anche il diritto romano,
ignora queste presunzioni e prevede che all’apertura
della successione, l’ordine successorio
sia stabilito a seconda delle circostanze
di fatto: nel caso in cui l’erede più vicino
come parentela è il padre o la madre del
deceduto, il codice romeno prevede (art.
670, comma 1) come anche il diritto romano
(Novella 118 e Novella 127) che questo riceve
tutta l’eredità, diverso dal codice francese
(art. 746) che consacra il principio dimidium paternis, dimidium maternis, e l’eredità rimane metà agli antenati
paterni e metà agli antenati materni del
deceduto; mentre il codice francese (art.
756) non prevede nessun diritto di eredità
tra i figli naturali e i loro genitori, il
codice romeno (art. 677 e 678) come anche
il diritto romano (Iustiniani Institutiones
3, 3, 7 e 3, 4, 3) ha stabilito un pieno
diritto di successione tra questi figli e
i parenti materni; ugualmente il codice romeno,
attraverso una disposizione (art. 684) senza
corrispondente nel codice francese, copiando
in gran parte il capitolo V della novella
117 di Gustiniano, ha previsto che la vedova
povera ottenesse in usufrutto un terzo dell’eredità,
se veniva in concorso con un discendente,
rispettivamente una parte virile, se veniva
in concorso con più discendenti e in piena
proprietà, un quarto dell’eredità, se
veniva in concorso con altre categorie di
eredi legali; infine, a differenza del codice
francese(art. 1021) che vieta il legato della
cosa altrui, il codice romeno (artt. 906
e 907) ammette, cosi come il diritto romano
(Iustiniani Digestae, 30, 57; 2, 24, 4 e
2, 24, 1; Codex Iustiniani, 6, 37, 10 ) che
la cosa altrui possa costituire oggetto di
un legato se il testatore ha conosciuto questa
circostanza. In materia di obbligazioni, che nel codice
francese contiene prestiti massicci dal diritto
romano, riprodotti anche nel codice romeno,
comprende anche alcune disposizioni originali
che hanno come fonte diritto romano stesso. Così, in relazione alla nozione di gestione
di affari (negatiorum gestio), il codice
romeno (art. 987), diversamente da quello
francese (art. 1372), ma conformemente alla
concezione romana (Iustiniani Digestae 3,
5, 35; 3, 5, 3, 20 e 3, 5, 3, 41) ha previsto
la condizione che il proprietario non conosca
il fatto che si amministrino i suoi affari;
sempre nel caso della gestione degli affari,
il codice romeno contiene una disposizione
(art. 990) senza l’equivalente nel codice
francese, ispirata da un testo di Ulpiano
che cita Labeone (Iustiniani Digestae 3,
5, 3, 9) in conformità alla quale la responsabilità
del gestore viene attirata solo nel caso
della commissione di un dolo, se senza il
suo intervento l’affare potrebbe essere
compromesso. L’ipoteca legale della donna sposata sui
beni del marito, come garanzia per la restituzione
della dote, privilegio introdotto dall’imperatore
Giustiniano (Codex Iustiniani 8, 18, 12,
1; Novella 97, capitolo 2, 3; Novella 109
capitolo 1) forma l’oggetto dell’articolo
1281 del Codice civile romeno, testo che
non ha corrispondenza nel codice francese. La disposizione del Codice civile romeno
(art. 1298) che si riferisce alla vendita
con anticipo che stabilisce che nel caso
di mancata esecuzione del contratto, la parte
colpevole perderà l’anticipo o, secondo
il caso, restituirà il doppio dell’anticipo,
inesistente nel codice francese, ed ispirata
dal diritto romano (Iustiniani Digestae 19,
5, 17, 5; Iustiniani Institutions 3, 33,
pr. in fine) probabilmente attraverso l’intermediazione
dell’art. 1217 del progetto del codice civile
italiano elaborato da Pisanelli. A differenza del codice francese (art. 1985)
il codice romeno (art. 1533, comma 1) sotto
l’influenza della dottrina di Marcadé,
partigiano del sistema romano (Iustiniani
Digestae 50, 17, 60; 15, 17, 60; 17, 1, 18;
17, 1, 53) ha previsto che il mandato può
essere non solo espresso ma anche tacito.
In fine, il contratto di enfiteusi (contractus
emphyteuticarius), creazione del diritto
romano postclassico (Codex Iustiniani 4,
66, 1; Iustiniani Institutions 3, 24, 3)
è previsto dal codice romeno sotto forma
di disposizioni transitorie (art. 1414 e
1415), non esistente nel codice napoleonico
ed è stato regolamentato nel diritto francese
molto più tardi attraverso la legge del
25 giugno 190210. 4. Caratteri generali Dal punto di vista della diversità delle
fonti usate, il Codice civile romeno ha un
carattere eclettico. Però, perché la proporzione
in cui è stato utilizzato come modello il
Codice napoleonico è considerevole, normalmente,
il codice romeno presenta tutte le qualità
e quasi tutti i difetti del codice francese,
il cui piano generale realizzato secondo
la struttura della Istituzione di Gaio e
di Giustiniano, è stato mantenuto integralmente. Riguardo alle qualità, sotto l’aspetto
della forma, il codice francese e, implicitamente,
il codice romeno si evidenzia in primo luogo
per l’unità, grazie alla quale, anche se
è un’opera collettiva, è attraversata
dallo stesso spirito come se fosse realizzato
da una sola persona e in secondo luogo, per
lo stile chiaro, preciso e semplice, grazie
al quale quasi ogni disposizione può essere
capita da ognuno, anche da una persona che non abbia conoscenze giuridiche. Sotto l’aspetto delle questioni di fondo,
la più importante qualità è lo spirito
della moderazione di cui sono stati animati
gli autori francesi, in quanto il codice
napoleonico ha un carattere transazionale,
di “concordato” giuridico tra il vecchio
diritto prima della rivoluzione francese
del 1789 e le idee rivoluzionarie. Siccome
non è né rivoluzionario né reazionario,
le sue disposizioni hanno risposto ai bisogni
della maggior parte dei cittadini.11 Le grandi riforme della Rivoluzione francese
che hanno abolito il feudalesimo e hanno
instaurato il regime borghese trovano il
loro rispecchiamento nel codice, nelle disposizioni
che esprimono la nuova ideologia dell’epoca
in cui l’individuo è preso come base del
diritto, proclamandosi l’uguaglianza di
tutte le persone davanti alla legge, l’eliminazione
dei privilegi feudali, la garanzia della
libertà civile e della proprietà individuale,
la libera circolazione dei beni attraverso
la limitazione della possibilità di stipulare
l’inalienabilità, il principio della laicizzazione
degli atti di stato civile e della istituzione della
famiglia, ecc.. La messa in atto di queste
disposizioni rappresentava un fattore importante
di progresso anche per il giovane stato romeno
che si trovava in pieno processo di modernizzazione,
perché la vecchia legislazione dei due principati Moldavia e Valacchia non
conosceva il principio dell’uguaglianza delle persone e dell’inviolabilità della proprietà. Tra tutte le istituzioni giuridiche che rispecchiano fedelmente l’ideologia della rivoluzione
borghese, la più rappresentativa è, senza
dubbio, quella della proprietà alla quale
vengono riservate due fra i tre libri che
compongono il codice, rispettivamente il
secondo libro intitulato Sui beni e sulle varie modifiche della proprietà e
il terzo libro sui vari modi di acquisizione
della proprietà. La proprietà viene definita nel Codice napoleonico
in opposizione alla concezione del vecchio
diritto feudale che ammetteva “ proprietà
simultanee sulla stessa cosa” 12, il suo carattere essenziale essendo l’esclusività,
termine che risulta implicitamente dall’art.
544 del codice francese ma che è previsto
espressamente nel corrispondente testo del
codice romeno (art. 480): “La proprietà è il diritto che qualcuno
ha di usare e di disporre di una cosa in
modo esclusivo e assoluto...”Il carattere assoluto della proprietà
privata ha costituto uno dei piloni dei codice
civile e, implicitamente dello stato borghese
nel secolo XIX. Esso è una creazione “pura”
della rivoluzione del 1789 non trovandosi
nessun precedente nel diritto romano, così
come si è invocato nella dottrina, nel tentativo
di argomentare un’idea politica attraverso
l’appello all’autorità e al prestigio
del diritto romano, perché i giureconsulti
romani non hanno creato nessuna teoria della proprietà e non hanno lasciato nessuna
definizione di questo concetto. In realtà
la proprietà ha un carattere relativo, fatto
che risulta appunto nella parte finale dell’art.
544 codice civile francese (art. 480 Codice
civile romeno): ... “ ma nei limiti determinati
dalla legge” . Così come osserva uno storico
del diritto francese, “Qui, come nella dichiarazione
dei diritti del 1789, l’ultima parola tocca
alla legge... Certamente, la proprietà occupa
un importante posto nel codice..., ma al
di sopra la proprietà c’è lo Stato”13 Questa circostanza ha fatto si che tra il
regime giuridico della proprietà privata
regolamentato dal Codice civile del 1864
e il regime giuridico della proprietà previsto
dalle Costituzioni socialiste della Romania
del 1948, 1952 e 1965 non esiste nessuna
incompatibilità, in quanto i principi statalistici
del regime politico esistente in Romania
nel periodo 1948 – 1989, non essendo toccati
in nessun modo dal concetto della proprietà,
così come è stato elaborato dagli autori del Codice napoleonico. D’altra parte, il codice civile ha adottato
in una proporzione significativa i principi
del diritto precedente alla Rivoluzione,
principi compresi nei testi di diritto romano
che costituivano la legislazione di base
della parte meridionale della Francia e anche
delle norme di diritto consuetudinario, specifiche
dalla parte settentrionale perché queste erano razionali e compatibili
con la situazione sociale risultata in seguito
alla Rivoluzione. Din grande aiuto ai redattori
del Codice civile è stata anche la dottrina
francese dei secoli XVII e XVIII, specialmente
le opere degli illustri giuristi Jean Domat
e Robert Joseph Pothier. Significativa per quanto riguarda l’eredità
pre rivoluzionaria è l’istituzione delle
obbligazioni, quasi tutte le disposizioni
del codice che si riferiscono ai contratti
e alla responsabilità civile sono prese
in prestito dal diritto romano. In fine, il compromesso più evidente tra
l’epoca pre e post rivoluzionaria è stato realizzato nel
caso della istituzione della famiglia dove
le disposizioni che riflettono l’autoritarismo
del pater famiglias, specifico del vecchio
diritto, si combina con i nuovi principi
dell’individualismo (per esempio, l’interdizione
delle sostituzioni fideocommesse).
Per quanto riguarda i difetti, sotto l’aspetto
della forma, si è rimproverato agli autori
il fatto che non hanno concepito il codice
secondo un piano metodico, poiché la divisione
in un titolo preliminare e tre libri non
è scientifica,14 l’ultimo libro intitolato Sui vari modi
di acquisizione della proprietà contiene
materie molto speciali e senza collegamento
diretto tra di loro, come le successioni,
le donazioni, i testamenti, le obbligazioni,
i regimi matrimoniali, i privilegi, le ipoteche e la prescrizione estintiva. Certamente la
critica è fondata, ma presenta più importanza
teorica senza conseguenze concrete, perché
un codice è un lavoro con contenuto pratico
e con un altro scopo rispetto a quello di
un trattato o di un manuale di diritto. Senza trascurare
l’aspetto scientifico, esso non dev’essere
un’opera molto dotta, poiché si rivolge
tanto agli specialisti quanto ai non specialisti,
e quest’ultimi sono numerosissimi. Tra i difetti di fondo comuni ai codici francese
e romeno si deve, in primo luogo, mettere
in evidenza che praticamente, non si vuole
la realizzazione del principio dell’uguaglianza,
in quanto la donna sposata, il minore, l’operaio,
l’inquilino e il debitore restano in situazioni
di inferiorità rispetto all’uomo, al padre
o al tutore, al padrone, al proprietario
e rispettivamente al creditore.15 Allo stesso modo, le regolamentazioni sono
inique nella situazione del figlio naturale,
nella ricerca della paternità o nel caso
del diritto successorio del marito sopravvivente.
Altri difetti di fondo consistono nel trascurare
certe istituti come le persone giuridiche,
la proprietà laterale e il contratto di
assicurazione e il fatto che non viene data
la giusta importanza alla proprietà mobiliare
o la regolamentazione lacunosa del regime
della pubblicità immobiliare. Tutti questi difetti sono stati corretti
in tempo attraverso l’abrogazione dei rispettivi
testi del codice civile e l’adozione di
disposizioni corrispondenti che hanno completato
la legislazione civile. Tra i difetti specifici del codice romeno,
il più importante che potrebbe mettere in
discussione appunto la sua esistenza, invocato
dai critici più fervorosi sarebbe quello
che il codice rappresenta in gran parte una
legge di importazione che per il momento
in cui si è stato applicato non corrispondeva alle necessità morali,
politiche ed economiche della società romena16 che era molto arretrata come struttura e
civiltà rispetto alla società francese.
In altre parole, il codice era una legge
troppo avanzata in confronto ai rapporti
sociali che doveva governare. Nessuno dei
critici, e tra di loro si trovavano personalità
distinte della politica e della scienza romena,
non ha avuto il coraggio di far un passo
indietro, che avrebbe presupposto l’avvio
di misure per l’adozione di un codice meno
avanzato, ma con un pronunciato “contenuto
romeno”. Il tempo ha dimostrato che le paure
dei critici sono state ingiuste perché il
codice civile si è dimostrato estremamente
vigoroso, dato che oggi, a 140 anni dalla
sua adozione, è pienamente integrato nella
sovrastruttura giuridica della società romena. 5. Aspetti generali riguardanti l’attività
del Codice civile romeno nel tempo e nello
spazio Promulgato il 4 dicembre 1864, il Codice
civile romeno è entrato in vigore il 1 dicembre
1865. Dopo la realizzazione dell’unità
dello stato nazionale romeno, dopo l’annessione,
nel 1918 alla Romania delle provincie della
Bassarabia, (territorio che aveva fatto parte
del principato di Moldavia e integrato con
forza all’impero zarista nel 1812; nel 1940
è rientrato nel composizione dell’Unione
Sovietica, e dopo la dissoluzione di questa
è diventato uno stato indipendente sotto
il nome di Repubblica di Moldavia) e della
Transilvania, l’applicazione del codice
civile è stata estesa man mano anche in
questi territori, prima in Bassarabia, negli
anni 1918 e 1928, poi in Transilvania negli anni 1943 e 1947. Riguardo alle modifiche che sono state apportate
al codice romeno, dal punto di vista del
metodo usato è da rimarcare che gli interventi diretti sul codice si
sono limitati, praticamente, solo all’abrogazione
di certi articoli. Le modifiche di alcune
disposizioni nell’ambito del codice sono
state molto rare. Ugualmente, rarissimi sono
stati anche i casi con i quali sono stati
completati alcuni articoli del codice civile
romeno. Si è preferito invece adottare altre leggi che hanno modificato o hanno
completato le disposizioni del codice, fatto
che ha portato allo sviluppo di una legislazione civile ancora più consistente
fuori dal codice civile. Dal punto di vista cronologico, nella modifica
del codice civile romeno si distinguono quattro
periodi: un primo periodo arriva fino all’anno
1918, il secondo periodo è compreso tra
gli anni 1918 – 1948, il terzo periodo,
quello del diritto socialista, è compreso
tra il 1948 e il 1989 e l’ultimo, il periodo
post socialista, dall’anno 1989 fino al
presente. Il primo periodo si evidenzia per il conservatorismo, visto che le modifiche sono state rare e
di minima importanza. Più rilevanti sono
quelle apportate dalla legge del 20 febbraio
1879 attraverso la quale sono state modificate
le disposizioni relative alla clausola penale
nei prestiti che avevano come oggetto una
somma di soldi ed è stato aggiunto un comma
finale all’art. 1089 attraverso il quale
si è dichiarata nulla qualsiasi convenzione
di anatocismo, quelle apportate dalla Legge
10 dicembre 1882 attraverso cui è stato
modificato l’art. 1589 per quanto riguarda
il quantum degli interessi legali cosi come
quelle apportate dalla Legge 15 marzo 1906
che ha consentito il matrimonio del coniuge
adultero con il suo complice, ha ridotto
le formalità richieste per il matrimonio
del minore e, in materia di adozione, ha
semplificato le forme e ha ridotto l’età
dell’adottato che ha bisogno del consenso
per l’adozione da 25 a 21 anni. Nel secondo periodo (1918 – 1948) le importanti
trasformazioni politiche, economiche e sociali
che sonno successe in Romania grazie al perfezionamento
dell’unità nazionale hanno determinato
un intenso processo di legiferazione che ha riguardato tutte i grandi istituti
giuridici regolamentati dal codice civile.
Riguardo alla persona, la grande lacuna del
codice civile (ereditata dal Codice napoleonico)
che, ad eccezione di quattro articoli (96,
474, 811 e 817) non si è preoccupato delle
persone giuridiche, è stata corretta con
la Legge 6 febbraio 1924 per le persone giuridiche.
Le disposizioni che formavano l’oggetto
del titolo I “Sui diritti civili e sulla
naturalizzazione” (artt. 6 -20) del primo
libro del codice sono state abrogate e sostituite
dalla Legge del 24 febbraio 1924 che faceva
riferimento all’ottenimento e alla perdita
della nazionalità romena (modificata nel
1928, 1932, 1934, 1939 e 1943) e le disposizioni
del titolo II (artt. 21 – 86) “Sugli atti
di stato civile” sono state abrogate e sono
state sostituite con la Legge del 21 febbraio
1928. Allo stesso modo, l’intero titolo
IV del libro I del codice (artt. 98 – 126)
relativo agli assenti, è stato abrogato
con la Legge del 4 marzo 1941 (modificata
il 26 maggio 1944) ed è stato sostituito
l’istituto dell’assenza con quello della
morte presunta. Ancora in materia della persona,
si evidenzia la Legge del 20 aprile 1932
con la quale sono state modificate tutte
le disposizioni del codice civile relative
all’incapacità giuridica della donna sposata
e si è proclamata (sei anni prima dei francesi)
l’uguaglianza tra i sessi e la Legge del
10 luglio 1943 con la quale si è prevista
la possibilità del riconoscimento del suo
figlio naturale da parte del padre. In materia dei diritti reali, la Legge agraria
del 1921 ha annullato il diritto di enfiteusi
mentre la Legge del 27 aprile 1938 per l’unificazione
delle disposizioni riferite al catasto, ha previsto al posto del sistema della pubblicità
immobiliare personale, regolato dal codice
civile, un sistema reale della pubblicità
immobiliare che non si è potuta realizzare
che in Transilvania e parzialmente nel nord della Moldavia. La
stessa legge ha previsto espressamente anche
il diritto di superficie. La materia dei diritti successori ha subito
modifiche essenziali in seguito a due leggi adottate
durante la seconda guerra mondiale. La Legge
del 10 luglio 1943 ha stabilito per il figlio
naturale riconosciuto e per i suoi discendenti
legittimi, gli stessi diritti nella successione
al padre come per i figli legittimi e i loro
discendenti ad eccezione del caso in cui
venissero in concorso con i figli legittimi
o con i loro discendenti, situazione in cui
si attribuisce loro metà di quello che sarebbe
spetto loro se fossero stati legittimi. Questa soluzione era nello spirito delle
novelle 18 e 89 di Gustiniano che stabilivano per i figli naturali diritti
successori differentemente, a seconda che
venissero o non in concorso con i discendenti
legittimi del loro padre. Con la Legge del
10 giugno 1944 è stata ristretta la vocazione
ereditaria dei parenti collaterali dal dodicesimo
grado al quarto grado e sono state modificate radicalmente le disposizioni
del codice civile riguardanti il diritto
alla successione del coniuge sopravvivente
e della vedova povera, riconoscendosi al
coniuge sopravvivente la qualità di erede
legittimario in concorso con qualunque tipo di successori
del coniuge deceduto prima. In materia di contratti, i più importanti
atti normativi che hanno modificato o hanno
completato le disposizioni del codice civile
sono state le leggi del 2 aprile 1931 e del
5 maggio 1938 tramite le quali è stata abrogata
la vendita a patto di ricompra essendo stati
abrogati gli articoli 1371 – 1387 del codice
civile; la Legge dei contratti di lavoro
del 5 aprile 1929 tramite la quale sono state
sostituite le disposizioni inique dell’art.
1472 del codice civile conformemente alle
quali la parola del padrone faceva la piena
prova sulle clausole contrattuali; la Legge
del contratto di consegna del 3 luglio 1934
tramite la quale sono state completate le
disposizioni del codice civile riferite al deposito (artt. 1591 – 1625)
e la Legge del 7 luglio 1930 tramite la quale è stato regolato il contratto di assicurazione. In fine, dev’essere ancora segnalato che
nel periodo analizzato tramite parecchi decreti
pubblicati fra il 30 agosto 1940 e il 6 settembre
1940 si era giunti alla pubblicazione di
un nuovo codice civile che doveva entrare in vigore il 1 gennaio
1941. Benché promulgato, questo codice non
è entrato in vigore perché tramite un decreto
- legge del 31 dicembre 1940 la sua messa
in atto è stata rinviata sine die. Il codice civile romeno del 1864 è rimasto
in vigore anche nel periodo socialista (1948 – 1989)
e la Romania è stato l’unico stato socialista
che non ha adottato un nuovo codice civile. Tenendo conto che
secondo l’ideologia marxista – leninista,
il diritto è definito come la totalità delle norme di comportamento
che esprimono la volontà della classe dominante
con lo scopo di difendere, di consolidare
e di sviluppare quella classe dominante,
è ovvio porsi la domanda come sia stato
possibile che sia esistita la compatibilità
tra una legge borghese (Codice Civile del
1864) decretata per difendere gli interessi
della classe dominante, cioè della borghesia
e delle relazioni di produzione capitalista
da una parte, e lo stato socialista che ha
distrutto queste relazioni sostituendole
con le altre, radicalmente diverse. La risposta
può essere trovata nella così detta teoria
delle costanti del diritto sviluppata dalla
scuola giuridica romena tramite opere che
hanno come punto di partenza un articolo
pubblicato dall’accademico Ion Gheorghe
Maurer e che si è imposto come una direttiva
di ricerca per gli scienziati romeni non
perché l’autore era il direttore dell’Istituto
di Ricerche Giuridiche dell’Accademia, ma
perché era una delle più importanti persone
politiche dello Stato. In questo articolo17 il presidente del Consiglio dei Ministri
della Repubblica Popolare Romena si chiedeva
se la sovrastruttura giuridica fosse, nella
sua totalità, il riflesso sul piano del
diritto delle relazioni di produzione in
un regime dato o, in altre parole, se “si
dovesse considerare che, nella loro totalità,
i sistemi giuridici nascono e muoiono insieme
ai modi di produzione che li avrebbero fatti
nascere. E più precisamente assistiamo nella
successione della storia all’apparizione
e alla scomparsa di certi “sistemi” giuridici
o assistiamo - in una misura più larga o
più ristretta - a quello che si potrebbe considerare,
in un certo modo, una loro evoluzione”18 E, continuando con le domande, che, di fatto,
mettevano in dubbio una delle tesi dell’ideologia
marxista – leninista, non si constata che
i vari “sistemi di diritto hanno anche delle
parti comuni? Non esistono, dunque nel diritto,
almeno in certi periodi, accanto agli elementi
variabili anche elementi di durata?” Che
significa, insomma, la domanda se, diversamente
da ciò che si sostiene talvolta, non si
possono identificare nel diritto alcune costanti?19 L’idea è stata ripresa e sviluppata nella
letteratura giuridica romena; l’esistenza
delle costanti del diritto è diventata una
certezza ed è stata spiegata tramite il
valore della permanenza dell’elemento logico
del diritto,cioè attraverso la struttura
logica del diritto che non ha carattere ideologico.20 Da qui la conclusione che il diritto, come
fenomeno di sovrastruttura, non scomparirebbe
nella sua totalità insieme al modo di produzione che l’ha creato. Ciò che scomparirebbe,
“cioè cambierebbe da un regime all’altro
sarebbe il contenuto, dunque, quella parte
che, nell’ambito di un sistema di rappresentazione,
cioè di un’ideologia, darebbe soddisfazione
agli scopi che ordinano il diritto ... Ciò
che si manterrebbe ... sarebbe quella parte
che significa i mezzi di espressione, la
parte che … costituisce nel complesso del
diritto l’elemento logico, in altre parole la forma.”21 Con il mantenimento in vigore nello stato
socialista delle vecchie leggi decretate
nel regime capitalista, è stato considerato
che queste hanno subito una trasformazione
strutturale, differenziandosi dal punto di
vista qualitativo da quel che erano nel regime
capitalista, sia tramite il titolo in base
al quale si applicano nello stato socialista,
sia tramite il contenuto e la loro finalità.22 Sotto l’aspetto formale, dal momento in
cui è stato emesso l’atto normativo che
dispone il mantenimento in vigore di una
certa vecchia legge, quella legge si separa
dall’atto normativo che le ha dato vita
e che era l’espressione della volontà della
ex classe dominante, ricevendo una nuova
forma, che è l’atto normativo tramite il
quale è mantenuta in vigore, espressione
della volontà della nuova classe dominante.
Così avviene una sorta di innovazione formale
con profonde implicazioni anche sul contenuto.23 La coesistenza del vecchio diritto con il
diritto decretato dal nuovo regime sociale
ha come effetto da una parte l’abrogazione
di disposizioni del vecchio diritto che non
sono più compatibili con le nuove leggi,
dall’altra parte, la loro parziale modifica
tramite un’interpretazione creativa. Riferendoci al codice civile in ciò che
riguarda il procedimento dell’abrogazione,
tutto il libro I relativo alle persone è
stato sostituito con disposizioni comprese
in vari atti normativi; i più importanti
sono il Decreto nr. 31 del 1954 riguardante
le persone fisiche e le persone giuridiche;
il Codice della famiglia (posto in vigore
con il Decreto nr. 32/1954) e il Decreto
nr. 278/1960 concernente i documenti di stato
civile. Sono state anche abrogate tutte le
disposizioni che si riferivano alla prescrizione
estintiva, istituzione che è stata regolata
con il Decreto nr. 167/1958. In materia delle
successioni si rileva la modifica dell’art.
700 con il quale il termine di accettazione
della successione è stato ridotto, a seguito
del Decreto nr. 73/1954 da 30 anni a 6 mesi.
Implicitamente sono state abrogate anche
le disposizioni del codice riferite ai beni
che non potevano più costituire l’oggetto
della proprietà privata. Per quanto riguarda le modifiche di alcune
disposizioni tramite un’interpretazione
creativa, menzioniamo quelle che si riferiscono
al dominio pubblico che è stato assimilato alla proprietà socialista.
è da evidenziare, infine che la materia
delle obbligazioni ha subito modifiche non
significative, la più importante essendo
l’interdizione del contratto di affitto. L’ultimo periodo con implicazioni sul Codice
civile, il periodo post socialista incomincia
il 22 dicembre 1989. Dal punto di vista politico,
economico e sociale si caratterizza per il
restaurazione del capitalismo, in genere
un capitalismo primitivo, di secolo XIX.
(Alcuni lo chiamano “capitalismo selvatico”.
Ma citando un illustre romanista, il prof.
Pierangelo Catalano dell’Università La
Sapienza di Roma chiediamo: il capitalismo
può essere diverso da quello selvatico?)
In conseguenza, la legislazione civile adottata
negli ultimi 15 anni che completa il codice
civile in materia di diritti reali mira come
soluzione finale, alla destatizzazzione ad
ogni prezzo. In materia delle persone sono
state semplificate le forme del divorzio,
è stato introdotto il divorzio con l’accordo
delle parti (il vecchio divortium bona gratia)
e sono state permesse le adozioni internazionali,
ciò che ha fatto della Romania uno dei più
grandi esportatori di bambini. Conclusioni Tutte le modifiche apportate nel tempo non
sono riuscite a cambiare fondamentalmente
la forma del codice che ha mantenuto non
solo la struttura ma, ad eccezione del primo
libro, anche la sua economia generale, rimasta
quasi la stessa del momento della sua promulgazione.
Anche se sembrano numerose, le modifiche
del codice civile sono di meno rispetto a
quelle apportate al codice francese. Per
questo si può dire che, oggi, il Codice
civile romeno è più napoleonico del codice
civile francese. Come si spiega la longevità del codice romeno?
Ho provato di rispondere categoricamente
a questa domanda con il titolo di questa relazione. La romanità
è la sua più importante qualità. Il codice
romeno è sicuramente più romano del codice
francese perché esso contiene tanto diritto
romano quanto ne contiene il codice francese
(e nessuno contesta che gli autori del codice
napoleonico hanno preso in prestito massicciamente
disposizioni del diritto romano) e, in più,
molti degli aspetti che differenziano i due codici sono dovuti al fatto che gli
autori romeni quando si sono allontanati
dalle soluzioni preconizzate dagli autori
francesi, sono ricorsi alle fonti di diritto
romano. E’ una cosa ovvia perché il capo dei giureconsulti
romeni era un professore di diritto romano. D’altra parte, anche se il trascorrere del
tempo ha messo in evidenza dei difetti, i
più importanti causati da fatti intervenuti
dopo l’adozione del codice, paradossalmente,
dopo che è passato parecchio tempo e implicitamente
sono apparse parecchie situazioni che dovevano
essere legiferate, l’adozione di un nuovo
codice è diventata molto più difficile
da realizzare. Il motivo è costituito da
fatto che se si fosse proceduto all’elaborazione
di un nuovo codice, quantunque diverso da
quello del 1864, sarebbe stata abbandonata
tutta un’intera opera nazionale di dottrina
e giurisprudenza, frutto di più generazioni
di giuristi romeni.24 Certamente vi sono state anche persone più
coraggiose pronte a rischiare una nuova esperienza e
a riprendere tutto da capo. Ha vinto però
l’atteggiamento conservatore della maggioranza
in quanto il conservatorismo è stato un
tratto dei romeni ereditato dai romani. Per
questo si è preferito mantenere il vecchio
codice con tutta la dottrina e la giurisprudenza
che ha generato, accanto all’elaborazione
di nuovi atti normativi che hanno sia abrogato
alcune disposizioni del codice, sia, più
raramente, le hanno modificate direttamente,
sia, più spesso, hanno supplito alle lacune
del codice. Infine, la longevità del Codice civile romeno
potrebbe essere dovuta ad una causa puramente
soggettiva, cioè all’incapacità dei governanti
romeni. Nel 1906 il professore Dimitrie Alexandresco,
uno dei più accaniti critici del codice,
esprimendo la sua opinione legata alla necessità
di una revisione di quest’opera, scriveva
quanto segue: “ il Governo che realizzerà
questa riforma otterrà un titolo eterno
alla riconoscenza del paese. Però è più
che probabile che questa riforma ... sarà
ancora attesa per molto tempo a causa della
politica che consuma tutta la nostra attività
e che ci impedisce di pensare agli interessi
più vitali del paese”. 25 Dopo quasi cento anni, ci avviciniamo all’illustre
professore, dicendo “Nihil nove sub sole”. 1.Berindei D., Platon Gh., in Istoria romanilor (nella Storia dei rumeni), vol. VII, tomo I, Bucure_ti, 2003, p.241 2. Ibid., p.244 3. Giurescu, C.C., Viata si opera lui Cuza Voda (La vita e l’opera
di Cuza Voivoda), Bucure_ti, 1966, p.29 4. Platon, Gh., op. cit, p.314 5. Georgescu, V.Al., Sonderdruck aus Handbuck der Quellen und
Literatur der neueren Europ?ischen Privatrechtsgeschichte
dritter Band, das 19 Jahrhundert fünfter
Teilband, Süd-osteuropa, München, 1988,
p214 6. Sachelarie, O., Tratat de drept civil (in Trattato di diritto civile,) vol.I, parte generale, Bucure_ti, 1989, p.31 7. Carbasse, J.M., Introduction historique au droit, 30 edition,Paris, 2001, p.327 8. Alexandresco, C., Explicatiunea teoretica si pratica a dreptului
civil roman in comparatine cu legile vechi
si cu principalele legislatiuni straine (La
spiegazione teorica e pratica del diritto
civile rumeno comparativo con le vecchie
leggi e con le principali stranieri), tomo I, edizione II, Bucure_ti, 1906, p.24,
ad notam 9. Nicolau, M., G., Les dispositions d’origine
romano – bysantine dans le code civil roumain,
in Mèlanges P. Fournier, Paris, 1929, apud
V. Al. Georgescu, op. cit., p. 222 - 225 10. Voirin, P., Goubeaux, G., Droit civil,
tome 1, 27, édition Paris, 1999, p. 304 11. Hamangiu, C., Rosetti Balanescu. I.,
Baicoianu, Al., Tratat de drept civil roman,
(Trattato di diritto civile romeno) vol.
I, Bucuresti, 1928, p. 38 12.Carbasse, J., M., op.cit., p. 331 13. Ibidem 14. Hamangiu, C., Rosetti Balanescu I., Baicoianu,
Al., op cit. P. 38 – 39 15. Sachelarie, O., op. cit. p. 36 16. Rarincescu, M., G., Curs elementar de
drept civil roman, vol. I, Bucuresti, 1946, p.33 (Corso elementare di diritto civile
romeno) 17. Maurer, I., Gh. Premessa in Studi e ricerche
giuridiche, 1956, nr. 1 p. 11 e i seguenti (Cuvant inainte in Studii si cercetari juridice) 18. Ibidem, p.49 19. Ibidem, p. 50 20. Ionascu, Tr., Barasch, E., sulla relativa
indipendenza di certi aspetti della forma in diritto in Studi e ricerche giuridiche
1964, nr. 2, p. 188 – 189 (despre ralativa independenta a unor aspecte
ale formei in drept in Studii si cercetari juridice) 21. Ibidem, p. 188 22. Eliescu, M., E., Dialettica della forma e del contenuto del
diritto nel periodo del passare dal regime capitalista
a quello socialista e vari aspetti di questa dialettica nella tappa del perfezionamento
della costruzione del socialismo in Studi e ricerche giuridiche,
1964, nr. 3, p. 395 (Dialectica formei si continutului dreptului ij perioada
trecerii de la orinduirea capitalista la cea socialista si unele aspecte ale acestei
dialectici in etapa de desavirsire a construirii socialismului, in Studii si cercetari
juridice) 23. Ibidem, p. 396 24. Rarincescu, M., G., op. Cit. P.38 25. Alexandresco, D., op. cit., p. 29 |
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